La crisi del personale infermieristico sta diventando una delle principali preoccupazioni per la sanità pubblica italiana, e la situazione non fa eccezione in Valle d'Aosta, dove le carenze si fanno sentire in modo particolarmente evidente. Ogni anno, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) perde circa 10.000 infermieri, con una media di un infermiere su quattro vicino alla pensione. Inoltre, circa uno su sei lavora fuori dal SSN, una dinamica che non solo mette a rischio la qualità dei servizi sanitari, ma aumenta anche le disuguaglianze nell'accesso alle cure, specialmente per le persone più vulnerabili, come gli anziani.
In Valle d'Aosta, nel 2022, si contano 5,48 infermieri per ogni mille abitanti, un dato che colloca la regione all'undicesimo posto tra le regioni italiane. Tuttavia, come sottolineato dal presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta, questa cifra non riflette pienamente la gravità della situazione.
«Siamo di fronte a un quadro che compromette il funzionamento della sanità pubblica e mina l’equità nell’accesso alle cure», afferma Cartabellotta (nella foto). La carenza di infermieri, infatti, non è solo una questione numerica, ma una vera e propria emergenza legata a dinamiche professionali che amplificano lo squilibrio tra i bisogni assistenziali e le risorse disponibili.
La professione infermieristica sta diventando sempre meno attrattiva, e questo è il risultato di vari fattori, come salari bassi, scarse opportunità di carriera, e il rischio di burnout causato dai turni massacranti. Cartabellotta spiega: «Le nostre analisi mostrano con chiarezza i numerosi fattori che rendono la professione infermieristica sempre meno attrattiva: salari bassi, limitate prospettive di carriera, subordinazione professionale, incongruenza tra percorso formativo e attività lavorativa, che compromettono l’equilibrio tra vita lavorativa e privata e alimentano fenomeni di burnout». A questo si aggiunge anche il rischio di aggressioni verbali e fisiche, che minano la sicurezza e la dignità della professione.
La situazione, quindi, non è solo critica in termini numerici, ma ha anche conseguenze dirette sul benessere dei professionisti, ma soprattutto sulla qualità dell'assistenza sanitaria. «La profonda crisi che investe il personale infermieristico impone un piano straordinario per la professione», continua Cartabellotta, sollecitando un intervento che preveda azioni mirate per motivare i giovani a intraprendere questa carriera e, al contempo, trattenere chi già lavora nel SSN. Un piano che dovrebbe essere multidimensionale, comprendente interventi economici, organizzativi e formativi.
Secondo il presidente della Fondazione GIMBE, le soluzioni includono aumenti salariali, misure di welfare a livello regionale, come alloggi a costi calmierati e agevolazioni sui trasporti pubblici, ma anche riforme organizzative per garantire la sicurezza sul lavoro e la valorizzazione della collaborazione interprofessionale. Inoltre, Cartabellotta sottolinea l’importanza di integrare la tecnologia e l’intelligenza artificiale per migliorare l’efficienza del sistema sanitario.
«In assenza di un piano multifattoriale capace di restituire attrattività, dignità e prospettiva alla professione infermieristica», conclude Cartabellotta, «assisteremo all’inesorabile indebolimento del SSN, che poggia sulle spalle del personale sanitario, in particolare su quelle degli infermieri, che numericamente rappresentano la quota più consistente».
Il futuro della sanità pubblica italiana, dunque, dipende anche dalla capacità di rispondere a questa crisi del personale infermieristico, e la Valle d'Aosta, come molte altre regioni, dovrà fare i conti con queste sfide, senza lasciare indietro i suoi cittadini più vulnerabili.