CULTURA - 01 marzo 2025, 12:00

STRAORDINARIA AMMINISTRAZIONE

Un buon comandante

STRAORDINARIA AMMINISTRAZIONE

In un recente film interpretato da Pierfrancesco Favino, Comandante, si parla dell’ammiraglio di un sommergibile italiano che, pur invalido, sceglie di dirigere una missione oltre il golfo delle Azzorre in piena Seconda guerra mondiale. È un uomo dal fare asciutto, introverso ed enigmatico, coltiva una vita interiore che, almeno in parte, rivela alla moglie lontana, descrivendo a suo modo quel minuscolo mondo costretto in una carcassa di ferro e gasolio immersa nei fondali di un mare nero. Lì si muove con un’autorevolezza solida e protettiva insieme; è vigile e accorto quanto distante.

Salvatore Todaro compatta, istruisce ed educa una flotta di soldati assortita come lo sono gli italiani: dai mille dialetti, dalle carnagioni d’avorio, d’ebano o miele, d’ambra o terra d’autunno, dal sudore secco o oleoso, pagani e cristiani insieme, spinti nel mare da un vento amaro e dolce che “li soffia a morire”. Lui sa che, dentro quella scatola, non ci sono i grandi della terra illusionisti e ammaliatori, né le persone amate, rassicuranti e amorevoli, ma solo ruoli definiti e le persone più diverse destinate a convivere come in una città, come in una classe di scuola: per forza. Invita la flotta ad ascoltare il sommergibile, l'ambiente in cui vivranno, perché sarà lui a ispirare le scelte più difficili nei momenti in cui il pericolo incombe; ed esorta a guardare la paura negli occhi, a penetrarla come in un amplesso carnale anziché tentare di sfuggirle.

Tutti abbiamo paura: di cambiare abitudini, di vedere angoli del nostro mondo mutati, di perdere i nostri privilegi, di affondare nelle nostre miserie e di restare soli. Un buon comandante sa trasformare una debolezza in forza, sa alimentare fiducia verso qualcosa che s’intravede a malapena, ma c’è, ed è necessario raggiungere; sa anche rendere onore a chi si immola per quella chimera, tenendo in coperta la sua sofferenza. In ogni impresa c’è un martire, un silenzioso catalizzatore di forze avverse che va esaltato. Il capo alimenta la fantasia per colmare le privazioni, suggerendo al cuoco di trasformare la zuppa in tutte le delizie italiche possibili, scaccia una pena con una più acuta, lascia ciascuno cullarsi nel proprio dialetto, nella propria lingua.

Il comandante fa affondare una nave belga che trasporta materiale inglese, ma accoglie, nutre e scorta fino al porto neutrale e sicuro di Santa Maria delle Azzorre i sopravvissuti, sfidando il nemico con una navigazione in superficie in piena zona di guerra. Chiunque li avrebbe lasciati morire, pur di non mettere a repentaglio la propria vita e quella dell’equipaggio. Lui richiama una legge superiore e antica, tramandata da marinaio a marinaio, che sancisce l’obbligo di soccorso in mare, lo stesso che oggi è scritto nelle Convenzioni internazionali, nei Regolamenti europei, che costituiscono un limite alla potestà legislativa di ogni Stato in base agli articoli 10, 11 e 117 della Costituzione Italiana. È un buon comandante colui che chiede ai suoi uomini di spingersi fino all’umana sopportazione, disobbedendo agli ordini, appellandosi a un principio superiore contro ogni logica utilitaristica che schiaccia la dignità dell’uomo, piegando il valore della vita a uno scopo strumentale, economico o di potere.

Proprio oggi abbiamo bisogno di buoni comandanti come questo, che vedono in una particella di mondo, come quella in cui viviamo, tutti i suoi limiti, ma anche un magico specchio del Tutto. Mettono le persone nelle condizioni di mescolare in un’armonia stonata ma vitale le grandi differenze che incarnano senza pretendere di omologarle. Sanno assumersi responsabilità gravi con determinazione, ma soprattutto affinano quell’acume nel prevedere ciò che verosimilmente avverrà, cogliendo indizi nel presente, gli umori nell'aria che anticipano un evento futuro… ma si nutrono di dubbi.

La nostra terra ha bisogno di buoni comandanti perché il mare è tempestoso e la nostra nave di rocce è più friabile di quanto appaia. Speriamo che questa comunità sia in grado di riconoscerli tra tanti finti condottieri e di dare loro il ruolo che meritano.

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