"La prima domanda che mi sorge spontanea è: visto che risulta difficile reperire i medici e gli infermieri per gli ospedali di comunità, a reggere le sorti di queste strutture saranno forse gli assistenti degli infermieri, una sorta di OSS qualificata? Quali saranno i risultati? Per loro lo leggiamo qua sotto. Per i pazienti immagino che non si fideranno molto di queste strutture e quindi il fallimento è assicurato." Con queste parole, una lettrice di Aostacronaca.it esprime dubbi e preoccupazioni sull'introduzione della figura dell'assistente infermiere, una novità che sta sollevando non poche polemiche nel settore sanitario, tanto a livello nazionale quanto locale. La Valle d’Aosta, come altre regioni italiane, ha deciso di avvalersi di questa figura per far fronte alla carenza di personale, ma il rischio di abbassare gli standard assistenziali e creare nuove criticità sembra essere una questione tutt'altro che secondaria.
La lettura del commento di una lettrice di Aostacronaca.it che solleva dubbi sull’efficacia e sull’affidabilità della nuova figura dell’assistente infermiere, creata dalla recente Conferenza Stato-Regioni, appare quanto mai pertinente e condivisibile. In un momento in cui la carenza di personale sanitario, in particolare infermieristico, è un problema che affligge fortemente il sistema sanitario nazionale, soprattutto in strutture come gli ospedali di comunità, la domanda che solleva la lettrice merita una riflessione più ampia.
La Valle d’Aosta, come molte altre regioni italiane, ha deciso di rispondere a questa emergenza con una mossa che, sebbene pensata per alleviare le difficoltà operative, non è priva di controindicazioni. Infatti, come riportato dal Fatto Quotidiano, la Regione, insieme alla Lombardia, ha deciso di anticipare l’introduzione dell’assistente infermiere, figura ibrida tra l’Oss e l’infermiere, destinata a colmare le lacune in organico. Questo “tampone” sembra essere la risposta a una crisi che non può più essere ignorata, ma proprio per questo merita un’analisi critica e attenta.
Il rischio sollevato da esperti e sindacati è che la nuova figura professionale non solo non risolva i problemi strutturali del sistema, ma li acuisca. Angelo Minghetti, segretario di Human Caring, sostiene che l’introduzione dell’assistente infermiere, privo della formazione e delle garanzie giuridiche degli infermieri professionisti, ridurrà gli standard qualitativi delle cure, mettendo a rischio tanto i pazienti quanto gli operatori stessi. L’assistente infermiere, infatti, pur dovendo svolgere mansioni simili a quelle dell’infermiere, non è riconosciuto come professionista sanitario e non avrà la stessa tutela assicurativa e legale. La soluzione proposta, quindi, non solo è inefficace, ma rischia anche di generare una classe di lavoratori senza adeguata formazione e con poche protezioni legali, se non sottopagati, come denuncia anche il sindacato Nursing Up.
Marzo Marzi, assessore alla Sanità della Valle d’Aosta, ha deciso di percorrere questa strada, ritenendo che l’introduzione di questa figura possa, almeno temporaneamente, alleggerire la carenza di personale nelle strutture sanitarie. Tuttavia, la posizione dei sindacati, che sottolineano il rischio di abbassare la qualità dei servizi, merita una riflessione attenta. Il presidente di Nursing Up, Antonio De Palma, evidenzia un’altra criticità: l’introduzione di una figura che rischia di abbassare ulteriormente gli standard delle cure in un settore già in difficoltà, con la mancanza di 175.000 infermieri a livello nazionale e la fuga dei professionisti qualificati all’estero.
Tuttavia, non tutti gli esperti sono del medesimo parere. La Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (Fnopi), attraverso il vicepresidente Maurizio Zega, vede invece la figura dell’assistente infermiere come una risorsa importante per supportare gli infermieri nelle mansioni più basilari, consentendo loro di concentrarsi su compiti più complessi. Sebbene questa visione possa sembrare vantaggiosa sul piano economico e operativo, è fondamentale che la differenza tra i percorsi formativi degli infermieri e degli assistenti sia ben delineata, con un adeguato riconoscimento economico e professionale per evitare il rischio di un demansionamento.
La domanda che la lettrice solleva, a mio avviso, è centrale: se gli assistenti infermieri dovranno coprire mansioni che prima erano prerogativa degli infermieri qualificati, fino a che punto le strutture sanitarie riusciranno a guadagnare la fiducia dei pazienti? La formazione accelerata e l’assunzione di personale con competenze ridotte rischiano di generare una percezione di insicurezza tra i pazienti, i quali potrebbero non sentirsi rassicurati nel ricevere cure da operatori che non sono stati formati per svolgere determinate mansioni.
Il rischio di fallimento, come teme la lettrice, è una possibilità concreta se non vengono garantite misure adeguate, non solo sul piano formativo, ma anche in termini di tutele legali e salariali per questi nuovi operatori. Il sistema sanitario, per essere efficace, non può basarsi su soluzioni che riducono la qualità delle prestazioni sanitarie a favore di un apparente risparmio economico.
In definitiva, la proposta di inserire la figura dell’assistente infermiere nelle strutture sanitarie della Valle d’Aosta, pur essendo una risposta all’urgenza della carenza di personale, porta con sé molteplici pericoli. È fondamentale che il dibattito su questa figura professionale si evolva in una direzione che garantisca non solo la copertura dei posti vacanti, ma anche la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti, senza creare una nuova classe di lavoratori sottopagati e privi di protezioni. Solo in questo modo si potrà sperare in un sistema sanitario più equo e in grado di rispondere alle esigenze di tutti, senza compromettere la qualità del servizio.
L'assistente infermiere è una figura professionale introdotta recentemente per rispondere alla crescente carenza di personale sanitario, specialmente nelle strutture sanitarie e socio-assistenziali. Questo operatore, con una formazione specifica di 500 ore (comprensive di teoria e tirocinio), svolge attività di supporto agli infermieri, occupandosi di mansioni base come il monitoraggio dei parametri vitali, la gestione dei farmaci e l'assistenza diretta ai pazienti. Tuttavia, non ha competenze avanzate come quelle degli infermieri professionisti, e non beneficia delle stesse tutele legali e assicurative previste dalla legge Gelli.
Gerarchicamente, l'assistente infermiere risponde all'infermiere professionista, che supervisiona le sue attività, assicurando che vengano svolte nel rispetto delle normative sanitarie e degli standard assistenziali. In sostanza, l’assistente infermiere è un supporto per gli infermieri qualificati, ma non può sostituirli nelle mansioni che richiedono competenze specifiche e formazione universitaria.