In questa intervista esclusiva, Marco Sorbara, ex consigliere regionale della Valle d'Aosta, ci racconta la sua straordinaria esperienza di resilienza e il suo impegno a favore della legalità e del benessere della comunità. Dopo essere stato ingiustamente arrestato e incarcerato, Marco ha vissuto un periodo difficile che ha segnato profondamente la sua vita. Tuttavia, da quella sofferenza è nata una nuova missione: trasformare il dolore in un messaggio di speranza.
Oggi, grazie al progetto "La Gabbia Invisibile", Marco porta avanti un'iniziativa educativa nelle scuole, nelle carceri e nelle palestre, usando il simbolo della prigione fisica come metafora delle gabbie mentali che molti giovani si trovano a dover affrontare. Insieme a professionisti e collaboratori come Mauro Esposito e Sergio Gaglianese, Marco sta cambiando il modo in cui la Valle d'Aosta guarda alla legalità, alla giustizia e alle sfide sociali.
Marco, partiamo dalla tua esperienza. In che modo un periodo così difficile come l’ingiusta detenzione ha cambiato la tua visione sulla vita e sulla libertà?
"La mia esperienza in carcere è stata un percorso di profonda trasformazione. Non è stata la prigione fisica a farmi più male, ma la gabbia che mi sono trovato a costruire nella mente. Il pensiero di non poter cambiare la mia situazione, il sentirsi impotenti, erano le vere catene. Ma, allo stesso tempo, è stato proprio quel dolore che mi ha insegnato a guardare oltre. Ho imparato che la libertà non è solo un diritto, ma un cammino interiore. Resilienza, speranza, e la consapevolezza che possiamo uscire da ogni situazione difficile, anche quando tutto sembra perduto."
Nella tua attività di sensibilizzazione, parli spesso di "gabbie invisibili". Cosa intendi con questo concetto?
"Le gabbie invisibili sono quelle che ci costruiamo da soli, nella nostra mente. Ognuno di noi si trova a fare i conti con paure, dubbi, incertezze, che diventano delle vere e proprie prigioni interiori. Le difficoltà economiche, sociali e personali possono diventare delle 'gabbie' che ci limitano. La mia esperienza di prigionia mi ha fatto riflettere su questo: le barriere non sono solo quelle fisiche, ma spesso sono mentali. La vera libertà sta nel superare queste limitazioni, nell’affrontare le difficoltà con coraggio e con il supporto di una comunità che ti sostiene."
Il tuo progetto, "La Gabbia Invisibile", ha un forte impatto nelle scuole, nelle carceri e nelle palestre. Cosa rappresenta questa cella che hai costruito con le tue mani?
"La cella che ho creato non è solo un oggetto scenico, ma un’esperienza immersiva. È una rappresentazione concreta di ciò che significa sentirsi intrappolati, sia fisicamente che mentalmente. Quando i ragazzi entrano nella cella, hanno l’opportunità di misurarsi con uno spazio ristretto, di comprendere la sensazione di prigionia e di riflettere su cosa sia davvero la libertà. Quello che voglio trasmettere è che ogni limite, per quanto sembri insuperabile, ha una chiave per essere aperto. La disciplina, la forza interiore, il sacrificio e il sostegno reciproco sono gli strumenti per affrontare ogni difficoltà."
La tua esperienza nello sport, in particolare nella Serie A, ha avuto un ruolo cruciale nel tuo percorso. Come hai utilizzato i principi dello sport per affrontare il periodo di detenzione?
"Lo sport mi ha insegnato a resistere alla sofferenza e a trasformarla in forza. La disciplina, la fatica, il sacrificio quotidiano sono concetti che ho imparato in campo e che ho applicato anche durante la detenzione. Ogni allenamento in Serie A era una prova di resistenza, ma la determinazione che mi ha permesso di affrontare sconfitte e momenti di solitudine è stata la stessa che mi ha aiutato a resistere in carcere. Lo sport mi ha insegnato che il vero successo non è sempre vincere, ma non mollare mai. Quella stessa forza mentale mi ha sostenuto durante quei 909 giorni difficili."
Oggi, il progetto di sensibilizzazione che porti avanti insieme a figure come Mauro Esposito e Sergio Gaglianese sembra fare il punto su come affrontare le sfide giovanili. Cosa pensi che manchi nelle politiche attuali per combattere il disagio giovanile?
"Il disagio giovanile è un tema che mi sta molto a cuore. Spesso si pensa che il problema possa essere risolto con politiche che non arrivano a toccare il cuore dei ragazzi. La vera chiave sta nell’ascolto, nella creazione di spazi di confronto e crescita, che siano sani e stimolanti. È fondamentale offrire ai giovani modelli positivi e strumenti concreti per affrontare le difficoltà. La scuola, lo sport, ma anche il supporto di professionisti come psicologi, educatori e avvocati sono essenziali per creare un tessuto sociale solido e inclusivo. È un lavoro di squadra, dove ogni attore ha un ruolo fondamentale nel costruire una società che supporti i più giovani nel loro cammino."
Hai parlato molto della tua famiglia come un faro di luce durante i momenti più bui. Quanto è stato importante il supporto familiare nel tuo percorso di resilienza?
"La mia famiglia è stata la mia forza. La loro fiducia in me, la loro costante presenza anche nei momenti più difficili, è stata un ancoraggio che mi ha permesso di non perdere me stesso. Quando sei in una situazione così estrema, il sostegno dei tuoi cari è tutto. La loro fede, la loro speranza in un futuro migliore sono state le motivazioni per resistere, per non arrendersi mai. Il supporto familiare è essenziale, perché senza di esso è facile perdersi nella disperazione."
Infine, quali sono i tuoi progetti futuri? Come immagini la Valle d'Aosta nei prossimi anni?
"Il mio obiettivo è continuare a portare avanti il messaggio di speranza e legalità, soprattutto per i giovani. La Valle d’Aosta ha un potenziale enorme, ma ha bisogno di un cambiamento culturale, di un nuovo modo di affrontare le difficoltà. Dobbiamo riscoprire il valore della comunità, della solidarietà, della giustizia. Il mio impegno è quello di sensibilizzare, attraverso progetti come 'La Gabbia Invisibile', che uniscano le persone e li motivino a superare le proprie barriere. Spero che, insieme, possiamo costruire una Valle d'Aosta più forte, resiliente e solidale, dove ogni giovane possa vedere un futuro pieno di opportunità, non di gabbie."
L'intervista con Marco Sorbara ci offre uno spunto di riflessione importante: non è la sofferenza a definire chi siamo, ma come scegliamo di affrontarla. La sua storia di ingiustizia, lotta e riscatto rappresenta un esempio tangibile di come, anche nei momenti più oscuri, sia possibile trovare la luce. Con il suo progetto "La Gabbia Invisibile", Marco invita a riflettere sulle gabbie mentali che ci costruiamo e su come, con coraggio, disciplina e comunità, possiamo superarle. La sua esperienza ci ricorda che, nonostante le difficoltà, la speranza è sempre alla portata di chi decide di non arrendersi e di lottare per un futuro migliore. Con il suo impegno, Marco Sorbara sta costruendo un ponte tra il passato e il futuro, per una Valle d'Aosta più forte, unita e resiliente.