L'escalation del conflitto in Ucraina sta sollevando interrogativi urgenti nei Paesi membri della Nato, inclusa l'Italia, riguardo alla risposta da adottare in caso di un coinvolgimento diretto in un conflitto armato. La questione ha recentemente assunto una rilevanza particolare in Germania, dove il quotidiano Süddeutsche Zeitung ha reso noto un piano studiato per le aziende in caso di guerra. Questo piano implica una risposta collettiva in caso di attacco a uno dei membri dell’Alleanza, a cui anche l’Italia dovrebbe aderire, come stabilito dall’articolo 5 del trattato Nato.
In Italia, l’articolo 11 della Costituzione chiarisce la posizione del Paese in materia di conflitto armato, sancendo il ripudio della guerra come strumento di offesa e di risoluzione delle controversie internazionali. Tuttavia, l'articolo 78 della stessa Costituzione stabilisce che le Camere devono deliberare lo stato di guerra e conferire al governo i poteri necessari per l’intervento. In tale contesto, i primi a rispondere a una possibile chiamata alle armi sarebbero i corpi armati dello Stato: l’Esercito, la Marina, l’Aeronautica Militare, i Carabinieri e la Guardia di Finanza. A seguire, verrebbero coinvolti gli ex militari che abbiano lasciato le Forze Armate da meno di cinque anni. Solo in caso di estrema necessità, verrebbero chiamati anche i civili, con un limite di età compreso tra i 18 e i 45 anni, previo accertamento dell’idoneità fisica.
La possibilità di rifiutare la chiamata alle armi è prevista dalla Costituzione, che, all’articolo 52, definisce la difesa della Patria come un "sacro dovere" del cittadino. Sebbene la leva obbligatoria sia stata sospesa nel 2004, essa non è stata abolita: il suo ripristino è possibile con un decreto del Presidente della Repubblica nel caso in cui le Forze Armate non dispongano di un numero sufficiente di soldati. Alcuni corpi, come i Vigili del Fuoco, la Polizia Penitenziaria e la Polizia Locale, sono esentati da questo obbligo.
La proposta di reintrodurre un servizio militare obbligatorio per tutti i giovani italiani è stata avanzata dalla Lega, che a maggio ha presentato un disegno di legge che prevede sei mesi obbligatori di servizio, sia civile che militare, da svolgere in modalità territoriale. L'idea, spiegata dal leader del partito Matteo Salvini, è di formare giovani impegnati nella protezione civile e in altri ambiti utili alla collettività, senza dover abbandonare studi e lavoro. Tuttavia, la proposta ha incontrato il disinteresse di altre forze politiche di maggioranza. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha infatti dichiarato che le forze armate non dovrebbero essere utilizzate per scopi educativi, compito che spetterebbe piuttosto alla famiglia e alla scuola.
Un altro aspetto da considerare riguarda l’impatto economico di una simile decisione. Sebbene in Italia non siano disponibili stime precise, in Germania l’istituto Ifo di Monaco di Baviera ha calcolato l’impatto della reintroduzione del servizio militare obbligatorio. Se l’obbligo riguardasse tutta la popolazione in età da leva, la produzione economica tedesca subirebbe una contrazione dell’1,6%, equivalente a circa 70 miliardi di euro. Se solo un quarto dei potenziali arruolabili fosse chiamato, il calo economico sarebbe limitato a circa 17 miliardi di euro. Un modello simile a quello svedese, che prevede la partecipazione di circa il 5% dei giovani, avrebbe invece un impatto significativamente minore, pari a circa 3 miliardi di euro.
Mentre il dibattito sulla reintroduzione della leva obbligatoria si sviluppa in vari Paesi europei, l’incertezza e le preoccupazioni legate al conflitto in Ucraina continuano a interrogare le istituzioni politiche e militari su come prepararsi a rispondere a una crisi che potrebbe richiedere sacrifici e misure straordinarie.