Che il settore sanitario sotto l’aspetto burocratico stia attraversando un periodo di crisi è ormai un dato di fatto che non sorprende più nessuno. Anzi, ogni giorno che passa, sembra che il baratro si faccia sempre più profondo, come un buco nero che risucchia ogni traccia di efficienza, decenza e, purtroppo, speranza. Tutto questo nonostante l’impegno e la dedizione del personale sanitario. La storia di oggi è solo l'ennesima testimonianza di come la macchina burocratica sanitaria sia riuscita a evolversi in un ingranaggio dove, purtroppo, l’umanità è andata persa e l’organizzazione è rimasta solo un lontano ricordo.
Giorni fa, un paziente, che non si è nemmeno arreso alla maledizione delle liste di attesa (quelle, per intenderci, che ormai sono più simili a un esperimento di resistenza alla frustrazione), si è presentato per un semplice prelievo del sangue. Prenotato con largo anticipo, certo, ma chissà come mai – mistero della fede amministrativa – il prelievo è stato effettuato ben più di un'ora dopo l'orario fissato. Un tempo dilatato che, a quanto pare, era proprio quello che ci voleva per smantellare completamente ogni programma successivo. Il paziente aveva calcolato in 15/20 minuti tempo di attesa per il prenotato e previsto prelievo. Ma il caos non ha tardato a fare capolino: appuntamenti saltati, nervosismo crescente e, di fatto, un incubo logistico che ha travolto chiunque avesse avuto la sfortuna di trovarsi nell'orario sbagliato, nel posto sbagliato.
Come dire che nostro amato sistema sanitario valdostano ha deciso di introdurre una nuova e brillante trovata: le liste post-prenotazione. Un'invenzione talmente innovativa da far impallidire le menti più creative del settore tecnologico. Cosa sono, direte? Facile: sono quelle liste che non si vedono, ma ci sono. Dopo aver prenotato il proprio appuntamento, ti ritrovi a essere una pedina nel grande gioco della "speranza di essere chiamato". Perché in fondo, chi ha tempo da perdere quando la vita ti sta aspettando da qualche altra parte?
E poi, non possiamo dimenticare le meravigliose casse automatiche presso il centro prelievi del Parini. Lì, dove la tecnologia sarebbe dovuta servire a semplificare la vita, in realtà complica tutto. Sembra che le casse non accettino banconote… ma solo carte di credito. Una genialata che mette in crisi tutta la clientela che, ahimè, non possiede un bancomat o una carta di credito. E quindi? Una bella passeggiata sotto la pioggia o la neve – circa 300 metri di distanza – per pagare il ticket in un’altra sede dell’ospedale. Un’idea che davvero meriterebbe un premio: per il miglior "servizio all’utente" in grado di testare resistenza fisica e mentale. Perché, si sa, una goccia di pioggia è solo un piccolo dettaglio insignificante quando si è immersi nella bellezza dell’efficienza sanitaria.
Ccome è possibile che, nell'era delle innovazioni tecnologiche, la sanità pubblica riesca a rendere ogni singola azione più difficile e frustrante? E soprattutto, come si fa a tollerare che chi lavora con dedizione, e cerca di garantire un servizio di qualità, finisca per subire ogni giorno il nervosismo dei pazienti, esasperati da un’organizzazione che pare essersi persa per strada?
Non è più solo una questione di liste di attesa, ormai siamo giunti alle liste post-prenotazione, dove la certezza di un appuntamento è solo un miraggio. E mentre i disservizi aumentano, il disimpegno della gestione diventa sempre più evidente. D’altronde, che altro ci si può aspettare da un sistema che è riuscito a partorire il capolavoro delle casse automatiche senza banconote? Siamo davvero il paese delle meraviglie o, forse, il paese della beffa?
In conclusione, chi sperava che la burocrazia sanitaria fosse davvero al passo con i tempi si ritrova invece a camminare su un tappeto di promesse infrante, disservizi e assurdità che sfiorano il paradosso. Assessore regionale alla sanità, Carlo Marzi, Direttore generale Usl VdA, Massimo Uberti, un po' di organizzazione burocratica e organizzativa, per favore!