Le recenti elezioni in Emilia-Romagna e in Umbria hanno riservato una sconfitta importante per i leader della destra italiana, tra cui Meloni, Salvini e compagnia briscola, una notizia sicuramente positiva per chi difende la democrazia e la pluralità politica. Ma, al di là dei risultati delle urne, c’è un dato che non può passare inosservato: l’affluenza alle elezioni è stata particolarmente bassa. E questo è un problema che merita un’analisi approfondita, perché riguarda direttamente la vitalità della democrazia e il futuro politico della nostra regione, la Valle d’Aosta.
La crescente disaffezione degli elettori, infatti, è un fenomeno che non possiamo ignorare. Anzi, deve essere un monito per tutti coloro che, in Valle d’Aosta, sono chiamati a rappresentare le istanze della comunità valdostana. Il prossimo anno, infatti, i valdostani saranno chiamati a rinnovare il Consiglio regionale e ad eleggere numerosi sindaci e vicesindaci. Un momento cruciale, quindi, non solo per il futuro della politica locale, ma anche per la capacità di coinvolgere i cittadini, che sembra sempre più in declino.
Negli ultimi anni, l’affluenza alle urne in Valle d’Aosta ha mostrato segnali di continua discesa. I dati sono impietosi: sempre meno valdostani si recano a votare, e questo non è solo un segnale di disinteresse generale, ma anche una forma di sfiducia verso il sistema politico locale. Un sistema che, purtroppo, sembra spesso diviso, in cui le fratture interne agli autonomisti, a volte più evidenti delle differenze tra le forze politiche tradizionali, non fanno altro che allontanare ulteriormente gli elettori.
La domanda allora è: come possiamo risvegliare la passione per la politica tra i valdostani? Come possiamo ridare vita alla democrazia e invertire il trend di astensionismo che sta minando il nostro sistema elettorale e istituzionale?
In primo luogo, bisogna ripartire dal cuore pulsante dell’autonomia valdostana. La Valle d’Aosta è una regione speciale, con uno statuto che le conferisce poteri unici. Questa autonomia, che ci rende distinti rispetto ad altre regioni italiane, non può e non deve essere data per scontata. Purtroppo, c’è una generazione che sembra aver dimenticato il valore dell’autonomia, o che non ha mai conosciuto appieno il significato di quella che è una delle nostre conquiste storiche più preziose. Gli autonomisti, oggi più che mai, devono riappropriarsi del messaggio di difesa e valorizzazione dell’autonomia, senza dividersi al proprio interno, ma invece riuscendo a unire le forze per un progetto comune. Solo così potranno rispondere in modo efficace a un elettorato che sembra non sentirsi più rappresentato.
In secondo luogo, gli autonomisti devono smettere di guardare solo al proprio orticello e fare un passo in più, puntando su una vera innovazione politica. Non basta più riproporre vecchi schemi o fare promesse che, in molti casi, sono rimaste senza seguito. I valdostani, e in particolare i giovani, sono stanchi delle promesse non mantenute e della politica che appare troppo distante dalla realtà quotidiana. L’autonomia, ma anche il nostro modo di governare, deve evolversi. Le soluzioni proposte devono rispondere alle sfide moderne: il cambiamento climatico, la crescita economica, la sostenibilità e, non ultimo, il futuro dei giovani valdostani che troppo spesso vedono la loro terra come un luogo da cui fuggire.
Le forze autonomiste, purtroppo, si trovano in una situazione paradossale: sono la maggioranza, ma divise. E questa divisione è uno degli ostacoli principali per il coinvolgimento degli elettori. La politica regionale, infatti, non può limitarsi alla somma di piccoli gruppi che si sfidano per ottenere il proprio potere. Deve invece proporsi come un progetto di insieme, in grado di raccogliere i consensi di una popolazione che ha bisogno di risposte concrete e visibili. In questo, la priorità deve essere quella di unire le forze, creando una visione condivisa che metta al centro l’autonomia, ma anche la qualità della vita dei cittadini.
Per invertire la tendenza, non basta più appellarsi alla tradizione, ma è necessario andare oltre. Gli autonomisti devono cercare di rinnovarsi, di guardare al futuro, di aprirsi a nuovi modi di fare politica, più vicini alle esigenze reali della popolazione. Dobbiamo recuperare la passione, la convinzione che votare non è solo un diritto, ma anche un dovere verso la comunità e verso il futuro. E questo può avvenire solo se le forze politiche autonomiste saranno in grado di proporre una politica inclusiva, che ascolti, che risolva problemi concreti, che dia speranza a chi non crede più nel cambiamento.
L’appello che si fa agli autonomisti, quindi, è chiaro: dobbiamo essere capaci di tornare a parlare ai cittadini, di farli sentire parte di un progetto che riguarda tutti, e di risvegliare in loro il senso di appartenenza a una regione autonoma che ha una storia e un destino unici. Solo così, forse, la passione per la politica tornerà a fiorire e l’affluenza alle urne non sarà più una preoccupazione, ma una certezza.