In questi mesi, Matteo Salvini ha fatto della legge di Calderoli una bandiera, senza curarsi minimamente delle reali implicazioni costituzionali e dei rischi che corre la coesione nazionale. Ma la decisione della Corte è chiara: la proposta di autonomia differenziata in quel suo impianto originario è incostituzionale e non può passare così come è stata pensata. Non si tratta solo di una bocciatura tecnica, ma di un monito alla politica: la Costituzione italiana non è una mera lista di ostacoli da aggirare, ma un principio fondamentale che salvaguarda il principio di unità nazionale.
L’autonomia differenziata – ossia la devoluzione di ulteriori competenze alle singole Regioni – è da tempo il cavallo di battaglia della Lega, che in modo strumentale e senza alcun rispetto per la solidarietà tra territori, ha tentato di ottenere il massimo dei poteri per Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Ma la Consulta non ha avuto dubbi: l’impianto della riforma Calderoli non tutela in modo adeguato l'unità e la coesione del Paese. Tra i motivi della bocciatura, la Corte ha evidenziato la disparità di trattamento tra le Regioni, l'assenza di un meccanismo per tutelare l'eguaglianza dei diritti dei cittadini, e l'impossibilità di garantire che le risorse non vengano distribuite in modo diseguale.
Una delle peculiarità che non può essere dimenticata in questo contesto riguarda proprio la situazione della Valle d'Aosta. Come è noto, questa regione è dotata di uno Statuto Speciale che le conferisce una notevole autonomia, ben superiore a quella delle Regioni a Statuto Ordinario. Eppure, anche se l’autonomia differenziata dovesse procedere con il beneplacito del Governo, la Valle d’Aosta rimarrebbe fuori dal perimetro della legge di Calderoli. Questo non per un capriccio locale, ma per un dato giuridico preciso: lo Statuto Speciale della regione rende inapplicabile qualsiasi legge che voglia trattare la questione dell’autonomia senza tenere conto delle peculiarità territoriali e delle competenze già acquisite. In altre parole, la Valle d'Aosta, forte di una storia giuridica consolidata, è esonerata dal dover rispondere alla logica della "differenziazione" che sta dominando l'agenda politica di alcune regioni.
Il governo Meloni, da parte sua, continua a difendere a spada tratta la legge, ma la bocciatura della Consulta non può essere ignorata né minimizzata. È evidente che, dietro a un'operazione come quella di Calderoli, ci sono non solo interessi politici, ma anche un’inspiegabile incapacità di comprendere i veri equilibri costituzionali. Il tentativo di "sfondare" sul tema dell'autonomia senza tenere conto dei limiti costituzionali, delle specificità regionali e, soprattutto, della salvaguardia della solidarietà nazionale è indice di una crassa ignoranza costituzionale che non può essere tollerata da un Governo che si fa paladino della legittimità.
A chi pensava che il piano dell’autonomia fosse un’operazione seria per migliorare l'efficienza del sistema, la Consulta ha risposto con fermezza: una legge che non rispetta la Costituzione, che alimenta divisioni anziché rafforzare l'unità e che mina i principi di uguaglianza dei cittadini, è una legge che non può essere accettata. Eppure, il governo ha continuato a insistere, preferendo difendere l'intransigenza della Lega piuttosto che prendere atto della realtà costituzionale.
C'è un problema di fondo che la bocciatura della legge Calderoli non può nascondere: la continua spinta, in nome di una presunta "efficienza" amministrativa, a smantellare lo spirito di solidarietà che deve permeare il nostro sistema costituzionale. In un contesto europeo sempre più interconnesso, l'idea di una Italia divisa tra Regioni ricche e Regioni povere non è solo miope, è anche dannosa per il futuro del Paese. Eppure, la Lega continua a tirare dritto sulla propria linea, ben consapevole che il suo gioco è più politico che giuridico, puntando tutto sulla divisione dei territori per conquistare consensi in modo facile e veloce.
La bocciatura della legge, dunque, non è solo una questione giuridica. È una sconfitta politica che dimostra, ancora una volta, la superficialità con cui il governo Meloni – e in particolare la Lega – si approcciano a temi delicati come quello dell'autonomia, senza avere un’adeguata consapevolezza delle conseguenze a livello nazionale. Il rischio, infatti, è che il Paese venga sempre più frammentato in termini di opportunità e diritti. E la Costituzione, quella che con tanta supponenza vorrebbero riscrivere, ha l’ultima parola.
Speriamo che la lezione sia finalmente chiara: l’autonomia non è una questione di divisione, ma di equilibrio e coesione. Con la Costituzione non si scherza.