CULTURA - 05 settembre 2024, 14:05

“L’ultimo posto” di Eric Pearlman

Pearlman mescola con maestria le piccole cose della vita moderna – a prima vista tutt’altro che poetiche – con una dimensione di stupore che richiama sia la poesia “alta” che il senso del sacro

“L’ultimo posto” di Eric Pearlman

Si tratta di un’opera densa e vibrante, in cui l’umano dialoga intimamente con il divino, senza mai perdere la propria autenticità. Le poesie contenute in questa raccolta non sono semplicemente parole, ma frammenti di un discorso continuo tra l’uomo, con le sue fragilità e domande, e un Dio che, nonostante tutto, accoglie e risponde, seppur in modi spesso inattesi.

La forza di Pearlman risiede nella sua capacità di cogliere la quotidianità più semplice e trasformarla in uno specchio del sacro. Come sottolinea la prefazione di Chiara Bertoglio, queste poesie-preghiere sono “franche e dirette”, ma non per questo prive di una raffinata qualità letteraria. Pearlman mescola con maestria le piccole cose della vita moderna – a prima vista tutt’altro che poetiche – con una dimensione di stupore che richiama sia la poesia “alta” che il senso del sacro.

Le sue immagini, come quelle di una notte in cui “la legna è umida, l’aria stanca” e le stelle sembrano perdute sul fondo di un bicchiere, evocano un senso di vulnerabilità che si trasforma in una preghiera silenziosa. La sua poesia non è fatta per la vittoria, ma per coloro che, come lui, preferiscono stare accanto agli ultimi, agli sconfitti, a chi vive con l’umiltà di non cercare il trionfo, ma il senso più profondo della vita.

Questa raccolta ci invita a riflettere sul nostro “ultimo posto”, quel luogo spirituale che ci attende e a cui aspiriamo. Pearlman, con la sua scrittura intima e riflessiva, ci conduce verso una preghiera che non è solo lettura, ma esperienza vissuta, una scintilla capace di risvegliare il fuoco della nostra vita interiore.


Eric Pearlman, L’ultimo posto, Ivo Forza-Vita Editrice, settembre 2024, pp. 136, € 12.

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