"Nulla possediamo con certezza tranne il passato". E' una frase che ho trovato nella recensione di un libro, "Ritorno a Brideshead" di Evelyn Waugh che "aveva il dono di mescolare nostalgia e sarcasmo, satira e teologia".
Ma lasciamo Evelyn alle sue nostalgie e a proposito di passato prossimo passiamo a Lino Jannuzzi, ex senatore di sinistra e indimenticabile giornalista di Repubblica e L'Espresso, purtroppo morto di recente.
In una memoria di Mattia Feltri, pubblicata su "Il Foglio" di Claudio Cerasa, si legge di una passione giovanile di Lino per le feste della matricola. "Quando la festa della matricola veniva organizzata a Bologna, Lino se la passava da re a spese delle malcapitate matricole iscritte al primo anno di Università.
Era anche il tempo di grandi libagioni e mangiate (siamo negli anni '50 n.d.r.), e le spese sostenute per l'approvvigionamento di alcolici e vivande erano considerevoli e gli organizzatori non trovavano soluzione migliore che di accollarle alle matricole che dovevano far fronte anche alle vessazioni degli universitari più anziani". Ma con un salto pindarico veniamo a noi e al nostro passato.
Anche nel mio paese, nel profondo Sud del Tavoliere della Puglia, negli anni '50 e '60, si era soliti festeggiare goliardicamente la Festa della Matricola.
Il mese della relativa organizzazione era dicembre e il quartiere generala era nel largo cortile della patriarcale famiglia dei Fanelli, dove venivano allestiti i carri allegorici che sarebbero sfilati per le vie del paese. Intanto le famiglie delle "malcapitate" matricole erano tenute, ciascuna, a fornire una succulenta cena ( a base di involtoni di carne al sugo chiamate "brasciole") agli universitari più anziani, molti dei quali fuori-corso da anni. Il problema dei fondi necessari era affrontato da una questua presso le famiglie più abbienti e danarose.
Molto lavoro notturno veniva dedicato poi alla stesura del processo per ogni matricola che si sarebbe tenuto sulla piazza principale. Questo lavoro era agevolato da grasse olive nere e fette di caciocavallo presso la casa del Priore che era il più anziano tra gli universitari.
Una delle fasi culminanti della festa consisteva nella sfilata dei carri allegorici e nel processo con le requisitorie di sedicenti avvocati sulla "sventurata" vita di ogni matricola. Al processo assisteva, incredibilmente, una folla numerosa, proveniente da tutti i ceti. Il punto topico della festa, infine, era il "Veglione" verso fine anno presso una sala (il CIN-CIN) adibita anche a matrimoni e battesimi.
Questo rappresentava l'aspetto nevralgico dellafesta perché dalla ripartizione (più o meno equa) degli introiti dei biglietti di ingresso dipendeva la "sopravvivenza" degli organizzatori per alcuni mesi a venire.