E' la notte d'estate del 24 luglio scorso. Il viaggiatore sono io e sono diretto a Olbia (la spiaggia di molti valdostani). Arrivo a Caselle, tra tuoni, lampi, fulmini e sotto una pioggia torrenziale alle 19,30. Il volo è previsto per le 20,40. Bagaglio a mano con supplemento prezzo pari quasi alla tariffa aerea. Attendo fiducioso. Ad un certo punto il display delle tabellone delle partenze mi avverte che il volo ha un ritardo di 30 minuti, ma poco dopo il ritardo diventa di un'ora e trenta. Si. sa, la pazienza è l'arma dei forti, ma anche i forti sono messi a dura prova. Il ritardo infatti si allunga fino alla mezzanotte per poi giungere fino alle tre di notte.
Ad un certo punto una voce stentorea ci avverte da un altoparlante che il volo è pronto al Gate 18. Fuga generale verso il traguardo, ma giunti lì la stessa voce ci avverte che il volo è stato annullato per cause sconosciute. Le sale d'attesa intanto si trasformano in bivacchi variopinti; tutte le sedie disponibili sono occupate e molti restano in piedi o si stendono distrutti per terra.
Non ho mai sentito in vita mia cristonare la gente (specialmente le donne) come in questa circostanza. Il volo annullato non è previsto neanche per i giorni successivi e chi ha pagato pacchetti turistici per la prossima settimana deve dire addio alla prenotazione e alla spesa già sostenuta.
Ti guardi intorno disperato tra bambini che piangono e anziani in debito d'ossigeno. Per l'intero aeroporto non c'è neanche l'ombra di una possibile assistenza.
Una gestione dell'emergenza inesistente, in piena notte e in uno degli aeroporti più importanti del Paese. E mi sento di dar ragione a quel ministro tedesco che, commentando la situazione estiva italiana, sostiene che il nostro turismo non ha futuro.
Sono tornato ad Aosta alle cinque del mattino e l'unica nota positiva è stata poter assistere al sorgere dell'alba.
Non mi capitava da quando ero ragazzo.