Dicono che Aosta sia la piccola capitale alpina. Forse, ma con le nuove tendenze urbanistiche sembrerebbe più la capitale del post-urbanesimo creativo. In città, i segnali stradali si mimetizzano con l’ambiente — o meglio, scompaiono nell’ambiente: lungo la pedonale che collega il Palaghiaccio al Tzambarlet e all’area Les Iles di Gressan, i cartelli verticali si sono evoluti artisticamente, diventando tele per writers incompresi. Al posto delle frecce e dei divieti, oggi troviamo allegre spruzzate di colore: uno street art festival non autorizzato ma permanentemente installato.
La segnaletica è stata poi reinterpretata in chiave “eco-contemporanea”: le paline sono state abilmente ancorate agli alberi, così i rami potranno leggerle al posto nostro. Perché facilitare la comprensione ai pedoni, quando possiamo farla complicata?
A Borgnalle, nel frattempo, è stato inaugurato il primo parcheggio museale a cielo aperto: un’auto, elegantemente drappeggiata da un telone color grigio topo, occupa da mesi uno stallo pubblico. Non si capisce se si tratti di installazione concettuale, reliquia della motorizzazione anni ‘90 o semplicemente di un parcheggio pubblico divenuto proprietà privata per usucapione tacita.
Chi si sposta a piedi deve invece affrontare un’esperienza al limite della giungla urbana. I marciapiedi sono stretti e impreziositi da fronde pendule che accarezzano (leggi: schiaffeggiano) chiunque osi transitare. Se siete in carrozzella, con un passeggino o solo un po’ più alti della media, buona fortuna. La città vi saluta... con una foglia in faccia.
Le aree verdi, un tempo floride oasi pubbliche, sono oggi il parco giochi esclusivo dei migliori amici dell’uomo, che marcano il territorio con tale precisione da scoraggiare ogni tentativo umano di picnic. Il prato, se cercate, lo trovate rigoglioso tra le crepe dell’asfalto o sui bordi delle strade, in un’ironica inversione del paesaggio urbano.
Ultimo tocco di classe: i micro-rifiuti. Quella sottile e persistente patina di cicche, cartacce e plastica miniaturizzata che dona alla città il suo nuovo look “post-indifferenziata”. Una performance collettiva di inciviltà, di cui i cittadini sono al tempo stesso attori e spettatori.
Sarà forse una visione troppo pessimista? O forse stiamo semplicemente assistendo a una nuova forma di arte pubblica, dove l’assenza di manutenzione si fa linguaggio e la trascuratezza diventa espressione del territorio?
In fondo, chi ha bisogno di ordine e decoro quando si può avere una giungla urbana a km zero, un parcheggio privato gratuito a tempo indeterminato e installazioni artistiche sulle paline dei segnali?
Benvenuti ad Aosta, città creativa. Ma davvero troppo creativa.