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Chez Nous | 13 aprile 2025, 08:00

Pères abandonnés

Padri abbandonati

Pères abandonnés

C'è un rumore di fondo che tutto copre: è il rumore — giusto, necessario — della condanna alla violenza maschile sulle donne. È il fragore dell’indignazione pubblica di fronte a femminicidi, aggressioni, abusi. Ma c’è anche un silenzio, un vuoto di attenzione e di parole, che inghiotte altri drammi, altre storie. Sono quelle dei padri separati, uomini in carne e ossa che, pur senza aver commesso alcun reato, vengono privati di tutto: casa, reddito, dignità. Uomini costretti a sopravvivere ai margini, con in mano una sentenza che spesso li trasforma in fantasmi.

Secondo le stime di associazioni come Papà Separati Lombardia o Figli Negati, in Italia ci sono oltre 800.000 padri separati in difficoltà economica. Di questi, almeno 100.000 vivono sotto la soglia di povertà, molti dei quali senza un tetto sopra la testa. A Roma, Milano, Torino e in molte altre città italiane si moltiplicano i casi di uomini costretti a dormire in macchina, nei centri di accoglienza o addirittura in strada, tra i senzatetto, perché non riescono a sostenere contemporaneamente l’affitto di una nuova abitazione e gli assegni di mantenimento.

Claudio, 52 anni, vive a Bologna. Dopo la separazione, ha continuato a pagare puntualmente gli alimenti per i figli. Poi ha perso il lavoro e non ha retto. Oggi dorme nella sua vecchia Fiat Punto e si lava nei bagni della stazione. “Non ho mai alzato la voce, né le mani”, racconta. “Eppure oggi sono trattato come un colpevole. Ho due figli che vedo ogni tanto, ma non ho più una vita. Non ce l’ho più da quando la giustizia mi ha tolto tutto tranne l’amore che provo per loro”.

Marco, 44 anni, è un infermiere di Brescia. Dopo la separazione, nonostante il lavoro stabile, non è riuscito a permettersi un appartamento e oggi è ospite in una comunità per adulti in difficoltà. “Lo Stato non mi riconosce, la politica non mi ascolta. Sono un padre, non un bancomat”.

La legge spesso agisce in automatico: casa alla madre, assegno al padre. A prescindere dalla reale situazione economica, dalle competenze genitoriali, dalle necessità del figlio. In molti tribunali italiani manca ancora una piena applicazione dell’affido condiviso che, almeno sulla carta, dovrebbe garantire la parità genitoriale. Il risultato? Uomini che perdono ogni riferimento e vengono abbandonati due volte: dalla famiglia e dallo Stato.

Un padre separato oggi non chiede privilegi. Chiede giustizia, equità, ascolto. Chiede solo di poter continuare a fare il padre”, ha dichiarato Roberto Castelli, ex ministro e fondatore dell'associazione “Papà Separati”. E ancora più netta è la voce dello psicoterapeuta Stefano Ciccone, attivista per i diritti degli uomini: “Non si può combattere il patriarcato creando nuove ingiustizie: anche gli uomini possono essere vittime di stereotipi e discriminazioni, e il padre separato è oggi il simbolo di questa sofferenza invisibile”.

Il problema non è nuovo, ma la politica continua a ignorarlo. Da destra a sinistra, da anni si preferisce glissare, forse temendo la strumentalizzazione o il confronto con temi più spinosi. Ma la realtà è sotto gli occhi di tutti, ogni giorno, nei dormitori pubblici, nelle mense dei poveri, nelle panchine delle stazioni. È lì che vivono molti di questi padri dimenticati.

Questo editoriale non vuole mettere in discussione il sacrosanto diritto delle donne a essere protette. Vuole solo ricordare che c’è un’altra fascia della popolazione — silenziosa, sofferente, stigmatizzata — che merita di essere ascoltata. Un padre abbandonato non è solo un uomo distrutto: è anche un figlio che cresce senza una guida, senza un affetto quotidiano, senza un equilibrio.

E allora la politica non può più voltarsi dall’altra parte. Serve una riforma coraggiosa del diritto di famiglia, serve un sostegno economico concreto per i genitori separati in difficoltà, serve una giustizia che non sia cieca davanti alla sofferenza dei padri. Serve, soprattutto, il coraggio di affrontare un tabù: che anche gli uomini possono essere vittime.

Non c’è giustizia senza equilibrio. Non c’è progresso se migliaia di uomini devono scegliere ogni mese tra essere padri e sopravvivere.

Padri abbandonati

Il y a un bruit de fond qui couvre tout : c’est le bruit — juste, nécessaire — de la condamnation de la violence masculine envers les femmes. C’est le fracas de l’indignation publique face aux féminicides, aux agressions, aux abus. Mais il y a aussi un silence, un vide d’attention et de mots, qui engloutit d’autres drames, d’autres histoires. Celles des pères séparés, des hommes bien réels qui, sans avoir commis de crimes, sont privés de tout : logement, revenu, dignité. Des hommes contraints de survivre en marge, avec entre les mains un jugement qui les transforme souvent en fantômes.

Selon les estimations d’associations comme Papà Separati Lombardia ou Figli Negati, on compte en Italie plus de 800 000 pères séparés en difficulté économique. Parmi eux, au moins 100 000 vivent sous le seuil de pauvreté, dont beaucoup sont sans domicile. À Rome, Milan, Turin, et dans de nombreuses autres villes italiennes — y compris en Vallée d’Aoste — les cas d’hommes contraints de dormir dans leur voiture, dans des centres d’accueil ou même dans la rue, aux côtés des sans-abris, se multiplient. Car ils ne parviennent pas à payer à la fois le loyer d’un nouveau logement et les pensions alimentaires.

Claudio, 52 ans, après sa séparation, a continué à verser régulièrement la pension pour ses enfants. Puis il a perdu son emploi et n’a pas tenu le coup. Aujourd’hui, il dort dans sa vieille Fiat Punto et se lave dans les toilettes de la gare. « Je n’ai jamais levé la voix, ni la main », raconte-t-il. « Et pourtant, aujourd’hui, je suis traité comme un coupable. J’ai deux enfants que je vois de temps en temps, mais je n’ai plus de vie. Je n’en ai plus depuis que la justice m’a tout pris, sauf l’amour que je leur porte. »

Marco, infirmier, n’a pas réussi, malgré un emploi stable, à louer un appartement après la séparation. Aujourd’hui, il est hébergé dans une structure d’accueil pour adultes en difficulté. « L’État ne me reconnaît pas, la politique ne m’écoute pas. Je suis un père, pas un distributeur automatique. »

La loi agit souvent de manière automatique : logement à la mère, pension au père. Peu importe la situation économique réelle, les compétences parentales, les besoins de l’enfant. Dans de nombreux tribunaux italiens, l’application effective de la garde partagée reste une illusion, bien qu’elle soit prévue par la loi. Le résultat ? Des hommes perdent tous leurs repères et sont abandonnés deux fois : par leur famille, et par l’État.

« Un père séparé ne demande pas des privilèges. Il demande justice, équité, écoute. Il demande simplement de pouvoir continuer à être père », a déclaré Roberto Castelli, ancien ministre et fondateur de l’association Papà Separati. Et la voix du psychothérapeute Stefano Ciccone, militant pour les droits des hommes, est encore plus claire : « On ne peut pas combattre le patriarcat en créant de nouvelles injustices : les hommes aussi peuvent être victimes de stéréotypes et de discriminations, et le père séparé est aujourd’hui le symbole de cette souffrance invisible. »

Ce problème n’est pas nouveau, mais la politique continue de l’ignorer. De droite comme de gauche, on préfère détourner le regard, peut-être par peur de la polémique ou du débat sur un sujet sensible. Pourtant, la réalité saute aux yeux, chaque jour, dans les dortoirs publics, les soupes populaires, les bancs des gares. C’est là que vivent beaucoup de ces pères oubliés.

Cet éditorial ne remet pas en question le droit fondamental des femmes à être protégées. Il veut seulement rappeler qu’il existe une autre partie de la population — silencieuse, souffrante, stigmatisée — qui mérite, elle aussi, d’être entendue. Un père abandonné n’est pas seulement un homme brisé : c’est aussi un enfant qui grandit sans repère, sans affection quotidienne, sans équilibre.

Et la politique ne peut plus détourner les yeux. Pas même la politique valdôtaine. Il faut une réforme courageuse du droit de la famille. Il faut un soutien économique réel pour les parents séparés en difficulté. Il faut une justice qui ne reste pas aveugle à la souffrance des pères. Il faut, surtout, le courage d’affronter un tabou : les hommes aussi peuvent être des victimes.

Il n’y a pas de justice sans équilibre. Il n’y a pas de progrès si des milliers d’hommes doivent choisir chaque mois entre être pères et survivre.

piero.minuzzo@gmail.com

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