In Valle d’Aosta si paga. O, per meglio dire, si paga più che altrove. Lo dicono i numeri, freddi ma eloquenti, rielaborati dalla CGIA di Mestre su dati dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione: con un debito fiscale pro capite di 12.533 euro, la regione alpina è tra le più virtuose d’Italia in termini di tasse e contributi ancora da riscuotere. Meglio fanno soltanto il Trentino-Alto Adige (6.964 euro) e il Friuli Venezia Giulia (11.125 euro). La media italiana, per avere un riferimento, sfiora i 21.611 euro a persona, ma in alcune aree si toccano picchi ben più alti: nel Lazio, ad esempio, ogni contribuente ha un debito medio non riscosso di quasi 40.000 euro.
In questo panorama complesso, la Valle d’Aosta – con i suoi numeri contenuti e una popolazione che da sempre dimostra una certa attenzione alla correttezza fiscale – rappresenta un esempio positivo. E non è solo una questione di cifre: dietro quel dato da “maglia bianca” si legge anche un tessuto socio-economico fatto di imprese medio-piccole, artigiani e cittadini che, nella maggior parte dei casi, onorano i propri doveri.
Eppure, a livello nazionale, il quadro si fa più inquietante. Dal 2000 al 31 gennaio 2025, l’Italia ha accumulato un debito fiscale non riscosso di 1.279,8 miliardi di euro. Una cifra monstre, che racconta meglio di ogni parola le falle del sistema di riscossione e, soprattutto, il peso reale dell’evasione dei grandi. Altro che piccoli commercianti o professionisti con la partita Iva: a non pagare sono soprattutto i colossi, le grandi società, le Spa, le Srl, le cooperative e i consorzi, responsabili di ben 822,7 miliardi, pari al 64,3% del totale. In confronto, i lavoratori dipendenti e i pensionati pesano per il 23,5% (300,4 miliardi), mentre le persone fisiche con attività economica – ossia artigiani, commercianti, liberi professionisti – incidono per appena il 12,2%.
«Sfatiamo una volta per tutte l’idea che siano i piccoli a pesare sul fisco italiano – affermano dalla CGIA – perché i dati raccontano l’esatto contrario: sono i grandi contribuenti a generare la parte più consistente del debito non pagato. Anche se numericamente sono meno, l’incidenza dei loro mancati versamenti è altissima».
In effetti, dei 22,26 milioni di contribuenti con carichi fiscali ancora da saldare, solo 3,47 milioni (15,6%) sono società di capitali, ma questi pochi soggetti concentrano la parte preponderante del debito. Il resto si suddivide tra 15,93 milioni di persone fisiche e 2,86 milioni di contribuenti con partita Iva.
Il problema non riguarda solo la mancata riscossione, ma anche le modalità con cui il debito si è formato: frodi Iva, uso improprio di crediti inesistenti, dichiarazioni fittizie di residenza all’estero, occultamento di patrimoni. Strategie spesso sofisticate, difficili da intercettare, che portano a cifre da capogiro e mettono in crisi la credibilità dell’intero sistema tributario.
«Il paradosso è evidente – osservano ancora dalla CGIA –: più è grande il contribuente, più è facile che possa “scappare” dai suoi obblighi, magari approfittando di cavilli, tempi lunghi, oppure di sistemi societari opachi. Chi invece lavora in proprio o vive del proprio stipendio ha meno margini per evadere e, quando sbaglia, paga subito le conseguenze».
In questo scenario nazionale disomogeneo e spesso squilibrato, la Valle d’Aosta, pur con i suoi numeri piccoli, dà un segnale importante. Non solo per il basso debito complessivo (circa 1.540 milioni di euro, il più basso in Italia), ma per una tendenza generale al rispetto delle regole. Una virtù che, se fosse più diffusa anche nei grandi centri industriali e finanziari, potrebbe alleggerire il carico fiscale su tutti e restituire maggiore equità al sistema.
Perché alla fine, come sempre, è una questione di responsabilità condivisa. E se i grandi – i veri grandi – cominciassero davvero a fare la loro parte, sarebbe l’intero Paese a guadagnarci.