Il Monte Rosa non è soltanto una montagna. È una frontiera di ghiaccio e roccia, un tempio naturale che svetta oltre i 4.000 metri, custode di silenzi antichi, di equilibri fragili, di una bellezza che – una volta perduta – non si potrà ricostruire. Oggi, mentre ovunque si parla di cambiamenti climatici, di crisi ecologica e di perdita della biodiversità, proprio qui, dove la natura conserva ancora il suo respiro profondo, nasce una proposta di speranza e responsabilità: istituire il Parco naturale del Monte Rosa.
Non si tratta di un sogno utopico, ma di un progetto concreto, sostenuto da un comitato che riunisce cittadini, esperti, ambientalisti e volti noti del panorama culturale e scientifico italiano. Tra i firmatari dell'appello figurano nomi come lo scrittore Paolo Cognetti, il fotografo Stefano Unterthiner, l’ex presidente della Regione Roberto Louvin, esponenti del Club Alpino Italiano e di Legambiente. Persone che conoscono la montagna, che la vivono, la studiano, la raccontano, e che oggi ne difendono il futuro.
La proposta è chiara: proteggere un’area di oltre 10.000 ettari nella testata dei comuni di Valtournenche, Ayas e Gressoney-La-Trinité, inserita nel sito “Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa” della rete Natura 2000, cuore pulsante della strategia europea per la salvaguardia della biodiversità. È un territorio che già oggi custodisce valori ambientali, paesaggistici e culturali di assoluto rilievo, ma che continua a essere minacciato da progetti miopi, come nuove infrastrutture turistiche invasive che promettono sviluppo facile e immediato, ma a costo della perdita irreversibile del patrimonio naturale.
Il parco, invece, rappresenta una visione alternativa: tutela attiva della biodiversità, educazione ambientale, centri visita e percorsi tematici, recupero di alpeggi storici, valorizzazione delle tradizioni artigianali e pastorali, ma anche opportunità di lavoro stabile e qualificato per i giovani valdostani. Non una vetrina sotto vetro, ma un laboratorio vivo di sostenibilità, cultura, ricerca e turismo consapevole, connesso con il Parco naturale del Mont Avic in una rete che potrebbe diventare un modello per tutto l’arco alpino.
“Da dieci anni – denuncia Marcello Dondeynaz del comitato ‘Ripartire dalle Cime Bianche’ (nella foto) – si rincorre l’illusione dell’arricchimento facile che arriva dall’alto, appeso ai tralicci di una funivia. Noi proponiamo una prospettiva concreta, radicata, coerente con la vocazione autentica del nostro territorio”.
Questa non è solo una questione valdostana. È un appello che riguarda tutti, perché la tutela delle ultime grandi aree naturali d’Europa è una sfida collettiva. Non c’è tempo da perdere. Se vogliamo davvero immaginare un futuro più giusto, più sano, più umano, dobbiamo cominciare da qui: da dove la natura è ancora padrona di casa. Da dove possiamo scegliere, finalmente, di stare dalla sua parte.