Qualcuno che legge il titolo potrebbe chiedersi: «Ma cosa dice?» «Che vuol dire?» Bene, cominciamo a tradurre in italiano, o almeno cerchiamo di rendere comprensibile tale parola in lingua italiana, ed ecco il risultato che ne salta fuori interrogando internet:
Trovata ingegnosa, trucco, sotterfugio messo in atto con abilità e astuzia, spesso al limite della disonestà, per risolvere una situazione compromessa o uscire da una posizione difficile.
Ecco, in sintesi, il modus operandi della politica. Parlo non solo della politica italiana, ma di tutta la politica europea, italiana e anche valdostana, che negli ultimi 20 anni ha perso la capacità di progettare, programmare, avere una visione a lungo termine della vita del nostro Paese. Qui vediamo sempre di più la classe politica utilizzare degli escamotage per cercare di affrontare i problemi. E qui ecco che i bonus, i premi di produzione, le varie forme di «aiuti» economici diventano via via sempre più fantasiosi, a volte proprio al limite della legalità e della decenza. Non si affrontano più i problemi alla base, ma si «mette una pezza» di volta in volta al problema quando si presenta.
L'Italia in questo è davvero maestra e, se ci fate caso, mai come in questo ultimo periodo abbiamo visto le famose toppe rincorrere i problemi. Potremmo parlare di moltiplicazione dei «bonus» per fronteggiare qualsiasi tipo di difficoltà.
Per quelli che si illudevano che la politica fosse giustamente lo strumento per far fronte ai problemi, anzi che addirittura avesse una visione a lungo termine per cui agiva in modo coerente e responsabile, anticipando gli avvenimenti e quindi evitando che si creassero i problemi, ecco che sembra quasi che si creino problemi per poi dimostrare di avere la capacità di risolverli. I più maligni, addirittura, avanzano l'ipotesi che sia meglio creare ad arte piccoli problemi (risolvibili furbescamente) per nasconderne di più grandi a cui non si è in grado di trovare soluzioni.
La crisi economica bussa alle porte delle famiglie? Il gas aumenta, l'energia aumenta, il costo della vita aumenta? Come affrontare il problema? Bene, per prima cosa, l'importante è trovare un colpevole, che ovviamente è la soluzione più facile. Quindi, dopo aver trovato il cattivo a cui dare varie colpe (il più delle volte inesistenti), si passa direttamente al caos totale, proponendo via via soluzioni che, dire al limite della decenza, è poco. Così ci inventiamo un termometro della povertà, detto ISEE, un’assurdità e vergogna degna del più incapace economista esistente. Già di per sé, nel solo concetto con cui viene elaborato e calcolato, è un obbrobrio. Ma passiamo oltre, prendiamolo per quello che è e andiamo ad analizzare cosa permette questo benedetto ISEE, nato per aiutare le famiglie più fragili.
Tutto e nulla, ovvero con il solito concetto di soglia: bastano magari 30 euro oltre la soglia dei 10.000 euro e perdi tutti i diritti, ad esempio, alle cure odontoiatriche. Oppure, se hai 20 euro in più di un'altra soglia, per avere diritto al bonus sociale per il gas nel 2025, il nucleo familiare deve avere un ISEE non superiore a 9.530 euro, oppure a 20.000 euro se ha almeno 4 figli a carico. Sì, lo so, ci avete messo anche voi un po' a capire.
Poi esistono i bonus bebè, nati per incentivare la natalità e aiutare le famiglie. Poi abbiamo il reddito di inclusione, e qui non mi soffermo, basta andare a cercare informazioni su internet o nei vari patronati.
Non ho volutamente affrontato poi i vari bonus che imperversano, dai bonus facciate ai bonus serramenti, vetri, tende da sole, erogatori d'acqua... Insomma, avrete di che sbizzarrirvi a scoprire che avete diritto a cambiare la caldaia, ma avete perso il diritto se avete preso il bonus tende. Insomma, una giungla di bonus o detrazioni in cui è complicato orientarsi, al punto che, più delle volte, la gente rinuncia.
Ma non era più semplice risolvere il problema alla base? Dando magari degli stipendi adeguati e dignitosi, evitando speculazioni come quelle fatte sull'energia? Magari nazionalizzando alcuni enti, come hanno fatto i francesi, bloccando così i rincari speculativi che abbiamo avuto noi?
Stipendi e salari fermi, a quanto pare, alla soglia della vera povertà. Lo stesso ISTAT certifica che ormai si può considerare povero anche chi ha un lavoro, e già questa affermazione dice molto. Se poi aggiungiamo che si è ormai persa la certezza del lavoro, che diventa sempre più precario e instabile, allora pensare con serenità al futuro, anche per chi oggi ha un buon lavoro, diventa un incubo in cui stanno precipitando le famiglie italiane.
Qui mi pare giusto, a questo punto, per par condicio, tirare in causa anche i sindacati, che hanno nel tempo avuto grandi responsabilità. Non ultima, credo, quella di schierarsi contro il «salario minimo». Considerate che in Europa 22 paesi su 27 hanno adottato un salario minimo. L'Italia è tra quei 5 che non lo hanno adottato. La domanda sorge spontanea: perché? Perché si preferiscono soluzioni a volte molto vicine al famoso escamotage, che permettono e hanno permesso al sindacato di accontentare parti di lavoratori di alcuni comparti, a discapito di altri? Anche qui la famosa politica sindacale ha portato avanti forme di tutela di alcune categorie in modo alquanto discutibile, innescando molte delle situazioni che non hanno fatto altro che creare tensioni tra gli stessi lavoratori. Parliamo di lavori usuranti, parliamo di premi di produzione, parliamo di tutte quelle forme di erogazione di compensi straordinari, nate semplicemente per ovviare a una cosa stra nota a tutti: ovvero che si è cercato di ovviare alla perdita del valore degli stipendi e dei salari, esattamente come si fa con i bonus, cioè dando dei contentini a varie categorie e rincorrendo problemi anziché partire dal concetto stesso stabilito dalla Costituzione. Ovvero, l'articolo 36 della Costituzione: «La retribuzione deve essere sufficiente a garantire al lavoratore e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa». Questo avrebbe evitato di doversi inventare una miriade di modi, a volte, ripeto, molto discutibili, per dare dignità alla vita dei lavoratori.