Ah, l’ora legale: quell’appuntamento annuale con il nostro orologio che sembra sempre più un’amara, ma inevitabile, corsa contro il tempo. Ogni anno, puntuali come un orologio svizzero (ma, diciamo, più fastidiosi), ci ritroviamo a spostare le lancette avanti di un’ora, con il cuore pesante e il caffè che si fa sempre più indispensabile per affrontare il "lunedì dell’ora legale", che sembra durare il doppio del normale.
Ma da dove nasce questa tradizione? Se ci spostiamo indietro nel tempo, arriviamo al 1784, quando Benjamin Franklin, uomo di mille intuizioni geniali, pubblicò una lettera umoristica sulla necessità di risparmiare candele, suggerendo che i cittadini francesi dovessero alzarsi prima al mattino per sfruttare meglio la luce naturale. Un’idea che, nonostante il tono scherzoso, si rivelò molto più rivoluzionaria di quanto sembrasse a prima vista. Eppure, il vero pioniere dell’ora legale fu un inglese, George Vernon Hudson, che nel 1895 propose l’idea di spostare le lancette avanti per sfruttare meglio la luce del giorno durante l’estate. Ma furono gli Stati Uniti a dare una spinta significativa, adottando l’ora legale durante la Prima Guerra Mondiale per risparmiare carbone.
Questa pratica, che per alcuni sembra un atto di puro sadismo orologiero, ha una sua logica che va ben oltre la semplice follia collettiva. Il motivo principale che viene spesso addotto per l’introduzione dell’ora legale è il risparmio energetico. In teoria, se si spostano le ore di luce del giorno in modo che coincidano con il nostro "ritorno" dalla scuola o dal lavoro, si riducono le necessità di illuminazione artificiale, e quindi si risparmia energia. E mentre questo potrebbe sembrare logico, il dibattito sull’effettivo risparmio energetico dell’ora legale è ancora aperto. Alcuni studi suggeriscono che, in effetti, il guadagno in termini di energia è piuttosto limitato, o addirittura nullo, poiché le persone tendono comunque a consumare energia in modo simile, ma in orari diversi.
L’ora legale ha anche un impatto notevole sull’economia, in particolare sui consumi. Alcuni settori, come quello del commercio e del tempo libero, traggono beneficio dal maggiore tempo di luce, che spinge le persone a uscire di casa, andare a fare shopping, fare attività all’aperto. Al contrario, ci sono settori, come quello agricolo, che non vedono nessun vantaggio dall’ora legale. Anzi, alcuni agricoltori sostengono che cambiamenti nell’orario interferiscano con le loro abitudini e con la vita delle colture. È difficile, dunque, mettere d’accordo tutti, come sempre quando si tratta di “guadagnare un’ora di luce” senza perdere quella di sonno.
Quanto dura, però, l’ora legale? In Europa, il cambio avviene in due date precise: l’ultima domenica di marzo, quando si spostano le lancette avanti, e l’ultima domenica di ottobre, quando si torna indietro. Un'invenzione, se vogliamo, che si adatta perfettamente al ritmo della nostra società, capace di adattarsi e cambiare, ma che, in fondo, ci costringe a confrontarci con il nostro eterno nemico: il tempo. Quest’anno, se non l’hai già fatto, ti aspetta il consueto incontro con la sveglia alle 2 di notte, quando l’ora diventa magicamente le 3. Un’ora di sonno in meno per tutti, ma con la promessa di giornate più lunghe e un'estate che pare arrivare all'improvviso, quasi come un regalo dell’orologio.
Ma, come tutti gli appuntamenti annuali, l’ora legale è destinata a scomparire? Forse, se davvero si confermasse che non c’è un guadagno sostanziale in termini di risparmio energetico. In effetti, alcune nazioni, come la Russia, hanno scelto di abolirla, e il dibattito è aperto anche all’interno dell’Unione Europea. In fondo, quando si tratta di cambiare orario, nessuno riesce mai a mettersi d’accordo, anche se lo facciamo da più di un secolo. Intanto, ci tocca aspettare con ansia la fatidica domenica di fine marzo, come un evento che segna una sorta di nuovo inizio, un po’ più luminoso e, almeno per un po’, un po’ più corto.