Chez Nous - 17 marzo 2025, 08:00

Absences dévastatrices

Assenze devastanti

Sabato 15 marzo ha preso il via la 44ª edizione del Printemps Théâtral, l'annuale rassegna di spettacoli teatrali in patois valdostano organizzata dalla Fédérachon Valdoténa di Téatro Populéro. Un appuntamento che celebra la lingua, la cultura e le tradizioni della nostra Petite Patrie, un evento che da anni riunisce le compagnie valdostane in un abbraccio di orgoglio etnico e culturale. Eppure, alla serata inaugurale, è emersa un'assenza che, più di ogni altra cosa, ha segnato come una ferita dolorosa la scena e il cuore di chi crede nella identità valdostana.

Quella che avrebbe dovuto essere una celebrazione della cultura Valdoténa, un'occasione di incontro e riflessione, è stata invece segnata dalla massiccia assenza dei politici, in particolare degli autonomisti, che si ergono come portabandiera della nostra autonomia, della nostra tradizione e del nostro particolarismo. È stata un'assenza devastante, un’assenza che ha parlato da sola. La platea, composta da spettatori appassionati e convinti, non ha potuto fare a meno di notare quel vuoto, un vuoto che non solo è stato fisico, ma che ha fatto risuonare una domanda chiara e brutale: dove sono i nostri rappresentanti? Dove sono quelli che si riempiono la bocca con parole come "autonomia", "valdostanità", "identità" e "cultura"?

Per chi crede nella nostra etnia e nel nostro patrimonio culturale, l’assenza dei politici autonomisti a un evento che celebra proprio queste tematiche è, semplicemente, devastante. È un segno inequivocabile della distanza siderale che ormai separa i valdostani dalla politica che si fa nelle stanze di Palazzo Deffeyes, sede del governo regionale e del Consiglio Valle. Un'assenza che tradisce un'ipocrisia che non si può più nascondere: per i nostri politici, forse, l'importante è deliberare i contributi da elargire a chi mantiene viva la cultura valdostana, senza mai però scendere realmente sul campo a confrontarsi con chi porta avanti quella cultura. E per il resto, sembra che si possano arrangiare.

Il Printemps Théâtral, che è la più autentica espressione della cultura locale, che rappresenta un baluardo di resistenza contro la diluizione delle nostre tradizioni, meriterebbe ben altra attenzione da chi dovrebbe essere il primo difensore delle nostre radici. Eppure, questi stessi politici non mancano mai quando si tratta di eventi che attirano l'attenzione dei media, come la La bataille de reines. Lì, tra l'altro, non si risparmiano in foto con gli allevatori, tutti sorrisi e strette di mano. Forse è questa la cultura che interessa loro davvero? Una cultura di facciata, fatta di visibilità e di consenso facile, ma che non ha nulla a che fare con la vera essenza della nostra identità?

Non c’è da stupirsi che, al Printemps Théâtral, l’atmosfera fosse pesante, segnata da un'inquietudine palpabile. È difficile credere che un evento come questo non possa suscitare l'interesse di chi dovrebbe essere il primo a riconoscerne l’importanza. E allora ci si chiede: sono davvero i voti che contano, per gli autonomisti? È il consenso popolare che li fa scendere in campo, o forse l'interesse di visibilità e "fotografie" che li porta a partecipare a rassegne come la La bataille de reines, dove le tradizioni sono usate come una vetrina per un immagine “folkloristica” che non ha nulla a che fare con la quotidianità di chi lavora ogni giorno per mantenere viva la vera cultura valdostana?

In definitiva, la presenza delle istituzioni al Printemps Théâtral sarebbe stata un segnale di rispetto per il lavoro delle compagnie teatrali valdostane, per chi ogni anno mette in scena, con passione e sacrificio, un patrimonio culturale che va oltre la semplice lingua, ma che affonda le radici nel cuore stesso della nostra comunità. L’assenza di quei politici, peraltro tanto prodighi di parole quando si tratta di difendere la nostra identità, è un segnale preoccupante, un segno di una politica sempre più lontana dai bisogni reali della nostra gente e dalle nostre tradizioni.

La cultura valdostana merita più di un riconoscimento a parole. Merita presenza, sostegno concreto, e prima di tutto, rispetto.

Assenze devastanti

Le samedi 15 mars a débuté la 44e édition du Printemps Théâtral, la traditionnelle revue de spectacles en patois valdôtain organisée par la Fédérachon Valdoténa di Téatro Populéro. Un événement qui célèbre la langue, la culture et les traditions de notre Petite Patrie, un rendez-vous qui, depuis des années, réunit les compagnies valdôtaines dans une étreinte d'orgueil ethnique et culturel. Pourtant, lors de la soirée inaugurale, une absence est apparue qui, plus que toute autre chose, a marqué comme une plaie douloureuse la scène et le cœur de ceux qui croient à l’identité valdôtaine.

Ce qui aurait dû être une célébration de la culture valdôtaine, une occasion de rencontre et de réflexion, a été au contraire marqué par l'absence massive des politiciens, en particulier des autonomistes, qui se posent en porte-drapeaux de notre autonomie, de notre tradition et de notre particularisme. Ce fut une absence dévastatrice, une absence qui a parlé d'elle-même. Le public, composé de spectateurs passionnés et convaincus, n'a pu s'empêcher de remarquer ce vide, un vide qui n’était pas seulement physique, mais qui a fait résonner une question claire et brutale : où sont nos représentants ? Où sont ceux qui se remplissent la bouche de mots comme "autonomie", "valdôtainité", "identité" et "culture" ?

Pour ceux qui croient en notre éthnie et en notre patrimoine culturel, l'absence des politiciens autonomistes à un événement qui célèbre précisément ces thèmes est, tout simplement, dévastatrice. C'est un signe indiscutable de la distance abyssale qui sépare désormais les valdôtains de la politique qui se mène dans les salles du Palais Deffeyes, siège du gouvernement régional et du Conseil de la Vallée. Une absence qui trahit une hypocrisie qu'on ne peut plus cacher : pour nos politiciens, peut-être, l'important est de délibérer les subventions à attribuer à ceux qui maintiennent vivante la culture valdôtaine, sans jamais réellement descendre sur le terrain pour se confronter à ceux qui portent cette culture. Et pour le reste, il semble que l’on puisse se débrouiller.

Le Printemps Théâtral, qui est la plus authentique expression de la culture locale, un bastion de résistance contre l'effritement de nos traditions, mériterait bien plus d'attention de la part de ceux qui devraient être les premiers défenseurs de nos racines. Pourtant, ces mêmes politiciens ne manquent jamais lorsqu'il s'agit d'événements qui attirent l'attention des médias, comme la La bataille de reines. Là, entre autres, ils ne manquent pas de se faire photographier avec les éleveurs, sourires aux lèvres et poignées de main. Peut-être que c'est cette culture qui les intéresse vraiment ? Une culture de façade, faite de visibilité et de consentement facile, mais qui n’a rien à voir avec la véritable essence de notre identité ?

Il n'est pas surprenant que, lors du Printemps Théâtral, l'atmosphère ait été lourde, marquée par une inquiétude palpable. Il est difficile de croire qu'un événement comme celui-ci ne puisse pas susciter l'intérêt de ceux qui devraient être les premiers à en reconnaître l'importance. Et alors, on se demande : ce sont vraiment les voix qui comptent, pour les autonomistes ? C’est le consentement populaire qui les pousse à descendre sur le terrain, ou peut-être l'intérêt pour la visibilité et les "photos" qui les amène à participer à des événements comme la La bataille de reines, où les traditions sont utilisées comme une vitrine pour une image "folklorique" qui n'a rien à voir avec la réalité de ceux qui travaillent chaque jour pour maintenir vivante la véritable culture valdôtaine ?

En définitive, la présence des institutions au Printemps Théâtral aurait été un signe de respect pour le travail des compagnies de théâtre valdôtaines, pour ceux qui, chaque année, mettent en scène, avec passion et sacrifice, un patrimoine culturel qui va au-delà de la simple langue, mais qui prend racine dans le cœur même de notre communauté. L'absence de ces politiciens, pourtant si prodigues de mots quand il s'agit de défendre notre identité, est un signal inquiétant, un signe d'une politique de plus en plus éloignée des besoins réels de notre peuple et de nos traditions.

La culture valdôtaine mérite plus qu'une reconnaissance verbale. Elle mérite de la présence, un soutien concret, et avant tout, du respect.

Sabato 15 marzo ha preso il via la 44ª edizione del Printemps Théâtral, l'annuale rassegna di spettacoli teatrali in patois valdostano organizzata dalla Fédérachon Valdoténa di Téatro Populéro. Un appuntamento che celebra la lingua, la cultura e le tradizioni della nostra Petite Patrie, un evento che da anni riunisce le compagnie valdostane in un abbraccio di orgoglio etnico e culturale. Eppure, alla serata inaugurale, è emersa un'assenza che, più di ogni altra cosa, ha segnato come una ferita dolorosa la scena e il cuore di chi crede nella identità valdostana.

Quella che avrebbe dovuto essere una celebrazione della cultura Valdoténa, un'occasione di incontro e riflessione, è stata invece segnata dalla massiccia assenza dei politici, in particolare degli autonomisti, che si ergono come portabandiera della nostra autonomia, della nostra tradizione e del nostro particolarismo. È stata un'assenza devastante, un’assenza che ha parlato da sola. La platea, composta da spettatori appassionati e convinti, non ha potuto fare a meno di notare quel vuoto, un vuoto che non solo è stato fisico, ma che ha fatto risuonare una domanda chiara e brutale: dove sono i nostri rappresentanti? Dove sono quelli che si riempiono la bocca con parole come "autonomia", "valdostanità", "identità" e "cultura"?

Per chi crede nella nostra etnia e nel nostro patrimonio culturale, l’assenza dei politici autonomisti a un evento che celebra proprio queste tematiche è, semplicemente, devastante. È un segno inequivocabile della distanza siderale che ormai separa i valdostani dalla politica che si fa nelle stanze di Palazzo Deffeyes, sede del governo regionale e del Consiglio Valle. Un'assenza che tradisce un'ipocrisia che non si può più nascondere: per i nostri politici, forse, l'importante è deliberare i contributi da elargire a chi mantiene viva la cultura valdostana, senza mai però scendere realmente sul campo a confrontarsi con chi porta avanti quella cultura. E per il resto, sembra che si possano arrangiare.

Il Printemps Théâtral, che è la più autentica espressione della cultura locale, che rappresenta un baluardo di resistenza contro la diluizione delle nostre tradizioni, meriterebbe ben altra attenzione da chi dovrebbe essere il primo difensore delle nostre radici. Eppure, questi stessi politici non mancano mai quando si tratta di eventi che attirano l'attenzione dei media, come la La bataille de reines. Lì, tra l'altro, non si risparmiano in foto con gli allevatori, tutti sorrisi e strette di mano. Forse è questa la cultura che interessa loro davvero? Una cultura di facciata, fatta di visibilità e di consenso facile, ma che non ha nulla a che fare con la vera essenza della nostra identità?

Non c’è da stupirsi che, al Printemps Théâtral, l’atmosfera fosse pesante, segnata da un'inquietudine palpabile. È difficile credere che un evento come questo non possa suscitare l'interesse di chi dovrebbe essere il primo a riconoscerne l’importanza. E allora ci si chiede: sono davvero i voti che contano, per gli autonomisti? È il consenso popolare che li fa scendere in campo, o forse l'interesse di visibilità e "fotografie" che li porta a partecipare a rassegne come la La bataille de reines, dove le tradizioni sono usate come una vetrina per un immagine “folkloristica” che non ha nulla a che fare con la quotidianità di chi lavora ogni giorno per mantenere viva la vera cultura valdostana?

In definitiva, la presenza delle istituzioni al Printemps Théâtral sarebbe stata un segnale di rispetto per il lavoro delle compagnie teatrali valdostane, per chi ogni anno mette in scena, con passione e sacrificio, un patrimonio culturale che va oltre la semplice lingua, ma che affonda le radici nel cuore stesso della nostra comunità. L’assenza di quei politici, peraltro tanto prodighi di parole quando si tratta di difendere la nostra identità, è un segnale preoccupante, un segno di una politica sempre più lontana dai bisogni reali della nostra gente e dalle nostre tradizioni.

La cultura valdostana merita più di un riconoscimento a parole. Merita presenza, sostegno concreto, e prima di tutto, rispetto.

piero.minuzzo@gmail.com