Un articolo di Enrico Pitzianti, pubblicato su Esquire Italia, affronta con forza un tema tanto provocatorio quanto essenziale per comprendere il dramma del conflitto ucraino: che cosa accadrebbe all'Italia se perdesse il 20% del suo territorio? Un'esercitazione mentale che, attraverso una mappa, offre una prospettiva inedita per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla realtà della guerra in corso, oggi meno raccontata nei media, ma non per questo meno grave.
Il 20% del territorio ucraino è attualmente sotto il controllo della Russia, e il pensiero che l'Italia possa trovarsi in una situazione simile provoca un impatto immediato. Se la nostra nazione perdesse una porzione così significativa della sua superficie, la sua geografia e la sua struttura socioeconomica cambierebbero radicalmente. Prendiamo come esempio la regione del Nord-Ovest: Piemonte, Liguria, Lombardia, e Valle d’Aosta verrebbero occupate, con Milano, Torino, Genova, Como, e altre città di rilevanza economica, culturale e storica che scomparirebbero dalla mappa italiana. La prospettiva di vedere il nostro Paese frantumato da una guerra invasiva, che spezzasse la sua continuità, fa riflettere sul significato di sovranità e integrità territoriale.
Quello che Pitzianti sottolinea è che la guerra in Ucraina ha suscitato un forte impatto emotivo all’inizio, con immagini potenti che hanno colpito l’opinione pubblica: treni che partivano verso l’Occidente, carichi di donne, bambini e anziani in fuga, mentre gli uomini rimanevano a combattere, spesso sacrificandosi. Quelle immagini, tanto forti da restare impresse, oggi sembrano sbiadire. Nel corso degli ultimi tre anni, la guerra è diventata una questione di routine nei media, riducendo l'attenzione e cambiando anche le posizioni politiche nei confronti della resistenza ucraina. La vicinanza emotiva che ci aveva legato all’Ucraina si è affievolita, e oggi, sebbene le difficoltà del popolo ucraino siano ancora gravi, la percezione del conflitto è meno urgente, meno tangibile.
Pitzianti, con la sua riflessione, invita a "guardare a una mappa", a visualizzare con concretezza che cosa significherebbe per l'Italia perdere una parte consistente del suo territorio. Non si tratta di un esercizio teorico, ma di un invito a riaccendere la consapevolezza riguardo a ciò che accade in Ucraina e le implicazioni più ampie che una guerra può avere. L’invasione di un Paese non è solo un cambiamento nelle sue frontiere, ma un attacco alla sua cultura, alla sua economia, e alla sua identità. Immaginare l’Italia senza il 20% del suo territorio significa comprendere meglio la tragedia che l’Ucraina sta vivendo.
Se guardiamo alla situazione da un’altra angolazione, come suggerito nell'articolo, l'analisi mentale potrebbe anche essere fatta ipotizzando un'invasione dal sud, che a partire dalla Sicilia si spingesse verso il centro-nord. Così facendo, perderemmo non solo il nostro ricco patrimonio culturale e naturale, ma anche l’intero assetto produttivo e l’infrastruttura di alcune delle zone più vitali del Paese. Non si può ignorare che, se un simile scenario accadesse, la vita di milioni di persone verrebbe sconvolta in maniera definitiva.
Ciò che emerge dal ragionamento di Pitzianti è un appello al raziocinio, alla riscoperta dell’importanza di una solidarietà internazionale che non si indebolisca col passare del tempo. La guerra in Ucraina non è solo una questione locale, ma ha implicazioni globali, e ciò che succede in Ucraina può accadere in qualunque altro luogo, per motivi geopolitici o per un’ulteriore espansione di poteri autoritari. L'invasione russa non è un fenomeno isolato, ma fa parte di una logica di annessione che potrebbe essere esportata altrove. La memoria storica non può essere messa da parte, e occorre ricordare che quando la guerra invade un Paese, non si tratta solo di confini territoriali, ma della vita delle persone, delle famiglie distrutte, delle città e delle comunità scomparse.
In sintesi, il ragionamento di Pitzianti ci invita a pensare oltre la semplice reazione emotiva e ad affrontare la guerra ucraina con maggiore lucidità. Il conflitto è, purtroppo, lontano dalla fine, e l’Italia ha il dovere di non dimenticare l’importanza di sostenere la causa ucraina, non solo per solidarietà, ma anche per la consapevolezza che la pace di oggi potrebbe essere minata domani, e che la nostra libertà e sicurezza sono strettamente legate all’equilibrio geopolitico globale.