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Chez Nous | 25 febbraio 2025, 08:00

Quel Autonomie

Quale autonomia

Il 77° anniversario dello Statuto speciale e il 79° anniversario dell'Autonomia della Valle d'Aosta sono stati celebrati con solenne partecipazione, tra interventi istituzionali, ricordi storici e un forte richiamo all'identità valdostana. A fare da sfondo a queste celebrazioni, la consapevolezza che la nostra Autonomia è, da sempre, un punto di orgoglio, ma anche una responsabilità da difendere e rinnovare costantemente.

Le parole pronunciate dal presidente della Regione Renzo Testolin e dal presidente del Consiglio Valle Alberto Bertin ci hanno ricordato, giustamente, quanto sia essenziale il nostro particolarismo, il bilinguismo e la nostra capacità di essere una regione "speciale", non solo per la nostra storia, ma anche per le sfide che oggi affrontiamo. Un'autonomia che sembra essere l'unico scudo contro le incognite politiche ed economiche che si profilano, a livello nazionale e internazionale.

Ma, se da un lato le parole sono state forti, dalle celebrazioni alle dichiarazioni istituzionali, dall’altro non possiamo ignorare la discrepanza che esiste tra ciò che viene detto e ciò che accade nel concreto. Ogni anno ci si promette di rafforzare l’Autonomia, di lavorare per un rinnovamento che affondi le radici in un territorio che ha saputo difendere la propria cultura e identità, eppure, spesso, ciò che realmente emerge sono le difficoltà pratiche di implementare quelle stesse parole in politiche efficaci.

Le stesse relazioni trasfrontaliere, esaltate come un successo, nascondono a volte la difficoltà di trovare un dialogo solido e duraturo che vada oltre le belle dichiarazioni. Se il presidente del Consiglio Valle Alberto Bertin sollecita una "rinnovata forza collettiva", non possiamo fare a meno di notare che la comunità valdostana non sempre risponde con la stessa unità auspicata, ma piuttosto con una crescente indifferenza politica. L'Autonomia sembra ormai più un concetto astratto, pronunciato durante celebrazioni e anniversari, che un impegno vivo e sentito da tutti i cittadini, a prescindere dal loro ruolo istituzionale.

Più si celebra la nostra "specialità", più si corre il rischio che essa perda di significato, e che la tensione autonomista, un tempo visibile e palpabile, si affievolisca nel silenzio di una quotidianità sempre più disinteressata. Non sono solo i politici a dover fare la loro parte; ogni cittadino dovrebbe essere consapevole che l’Autonomia è una conquista collettiva, da proteggere e alimentare ogni giorno, con impegno e passione. Se questo non accade, la nostra Autonomia diventa, progressivamente, una mera formalità, un'idea ripetuta ma non vissuta.

L’autonomia che oggi ci viene offerta come un traguardo celebrato, con tanto di onorificenze e riconoscimenti, corre il rischio di restare un semplice punto di partenza, senza arrivare mai alla meta. "L’Autonomia è un cantiere aperto" ha detto Testolin, ma la domanda è: quanto tempo dovremo aspettare prima che i cantieri si trasformino in costruzioni solide e visibili? La retorica dell'Autonomia è affascinante, ma serve ben altro per consolidarla: bisogna far sì che le sue istituzioni funzionino senza intoppi, che le politiche per il territorio, per la cultura e per la lingua siano concrete, e non solo di facciata.

In questo contesto, sarebbe auspicabile che il discorso sull'Autonomia non restasse confinato nelle occasioni celebrative, ma fosse declinato ogni giorno in scelte politiche che rispondano alle reali necessità della nostra comunità. La Valle d’Aosta ha bisogno di una rinvigorita coesione tra le sue forze politiche e istituzionali, un’unità che, seppur non omogenea, non si disperda dietro gli schieramenti e le difficoltà quotidiane.

Perciò, mentre le celebrazioni ci ricordano i nostri diritti e i sacrifici passati, dobbiamo chiedere a noi stessi: quale autonomia vogliamo per il futuro? Una che rimanga una bandiera sollevata durante gli anniversari o una che prenda forma ogni giorno, nelle azioni, nei fatti concreti, nelle scelte politiche che facciamo insieme, come comunità. È questo il vero test per il nostro autonomismo, ed è proprio questo che ci manca di più.

Quale Autonomia?

Le 77ème anniversaire de la Charte spéciale, le 79ème anniversaire de l’autonomie et la Fête de la Vallée d’Aoste ont été des occasions de célébration et de réflexion sur la situation actuelle de notre autonomie. Pourtant, derrière ces discours empreints de solennité, un fait reste indéniable : la tension autonomiste, si vive dans le passé, semble de plus en plus s’essouffler, et l’ambition de protéger notre particularisme et notre identité semble, au fil du temps, se diluer.

Le président de la Région, Renzo Testolin, a réaffirmé l’importance de l’autonomie dans son discours. Il a insisté sur l’idée que la Vallée d'Aoste, au-delà des frontières institutionnelles, fait partie d’un réseau de relations transfrontalières qui vont de l'Italie à la France et à la Suisse. Ce réseau, a-t-il souligné, se nourrit de collaborations concrètes et d’échanges avec les départements voisins, et notamment avec le Canton du Valais et la région Auvergne-Rhône-Alpes. Mais de l’autre côté de ce discours se cache un paradoxe. La région est-elle vraiment prête à défendre son autonomie avec la même détermination qu’auparavant, ou sommes-nous en train de devenir de plus en plus absorbés par les relations internationales et les accords transfrontaliers au détriment de notre propre identité ?

Testolin a également insisté sur la nécessité de renouveler l’autonomie, soulignant que cette "construction" est un chantier encore ouvert. Une déclaration qui pourrait être perçue comme un engagement à renforcer notre autonomie, mais aussi comme un aveu de l’incapacité à garantir une véritable autonomie face à un contexte national et international de plus en plus complexe. Car la véritable question qui se pose est celle de savoir si, dans cette course aux partenariats internationaux et aux opportunités économiques, l’identité et la culture valdôtaines ne risquent pas d’être diluées dans un tout global.

Le président du Conseil de la Vallée, Alberto Bertin, a évoqué la nécessité pour notre autonomie de s’adapter aux défis modernes, soulignant qu’elle ne peut se permettre d’être figée dans un passé révolu. Il a insisté sur le rôle de l’Union européenne et la responsabilité de notre région dans les questions globales comme le changement climatique et les nouvelles technologies. Mais là encore, une question se pose : notre autonomie a-t-elle encore la capacité de s’affirmer dans un contexte de mondialisation croissante, où les problématiques globales semblent primer sur les spécificités locales ? L’autonomie, telle qu’elle est vécue aujourd’hui, ne semble pas répondre de manière suffisamment audacieuse à ces défis.

Un des éléments les plus frappants des célébrations a été l’intervention d’Alex Micheletto, président du Conseil permanent des collectivités locales, qui a mis en avant l’importance de l’engagement citoyen pour la préservation de notre autonomie. Selon lui, le plus grand danger pour notre autonomie est "l’indifférence politique", un manque d’implication des citoyens dans les questions politiques et sociales. Mais encore une fois, force est de constater que cet appel à l’action ne se concrétise pas toujours dans les faits. L’indifférence politique est-elle réellement la principale menace, ou est-ce plutôt le désintérêt croissant de nos concitoyens pour les enjeux autonomistes, qui ne se traduisent pas par des actions concrètes ?

piero.minuzzo@gmail.com

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