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Chez Nous | 23 febbraio 2025, 08:00

Aujourd'hui 1946-1948

Oggi 1946-1948

Aujourd'hui 1946-1948

La Valle d'Aosta celebra oggi il 79° anniversario della sua Autonomia e il 77° anniversario del suo Statuto speciale. Le celebrazioni iniziano alle 17 nella sala Maria Ida Viglino del Palazzo regionale ad Aosta, alla presenza di due ospiti d'onore: Muriel Favre-Torelloz, presidente del Gran Consiglio del Canton Vallese, e Arno Kompatscher, presidente della Provincia autonoma di Bolzano/Bozen.

La Valle d’Aosta, piccola regione incastonata tra le montagne delle Alpi, ha sempre rappresentato un esempio di equilibrio delicato tra diverse identità culturali, linguistiche e politiche. Seppur minoritaria, la sua voce si è sempre distinta per la sua lingua franco-provenzale, per la sua storia e la sua visione autonomista. Ma oggi, a 79 anni dall’ottenimento dell’Autonomia e a 77 anni dalla concessione dello Statuto Speciale, quella stessa voce sembra ridursi, perdendo la forza che un tempo la caratterizzava. La mancanza di tensione morale ed ideologica, di quella spinta che in passato ha dato corpo alla lotta per l'autonomia, è ormai una realtà che nessuno sembra volersi troppo interrogare.

Ripercorrere la storia dell'Autonomia della Valle d'Aosta è un viaggio che parte dalle difficoltà del dopoguerra, quando la regione, dopo anni di dominazione fascista e di tensioni con l’amministrazione centrale, riuscì a conquistare il suo spazio all'interno della Repubblica Italiana. A partire dal 1946, con la fine della Seconda Guerra Mondiale, la Valle d’Aosta riuscì a far sentire la propria voce. Non fu facile.

L’autonomia che il popolo valdostano cercava non era solo un capriccio, ma una necessità storica e culturale, un modo per preservare l'identità etno-linguistica di una popolazione che viveva da secoli su un territorio a metà strada tra Italia e Francia. La vittoria arrivò con lo Statuto Speciale, che venne approvato nel 1948, dopo un lungo e difficile processo politico che vide il coinvolgimento di politici, intellettuali e attivisti locali.

Lo Statuto Speciale della Valle d’Aosta rappresentava una concessione straordinaria da parte dello Stato italiano, una risposta alle esigenze di una regione che, per la sua posizione geografica e le sue peculiarità linguistiche e culturali, aveva bisogno di uno spazio politico autonomo che le permettesse di proteggere e valorizzare la propria identità. Con lo Statuto, la Valle d’Aosta acquisiva competenze legislative e amministrative proprie, riconoscendo ufficialmente il bilinguismo e garantendo un'ampia autonomia in campo legislativo, culturale e fiscale. Le promesse erano chiare: la valorizzazione della lingua e della cultura valdostana, la tutela dell'identità storica, la possibilità di fare scelte autonome per il proprio futuro.

A testimonianza di questa lotta storica, le parole di uno dei padri dell'autonomia valdostana, Edmondo Jolly, risuonano ancora oggi come un monito: «L'autonomia non è solo una conquista politica, è un diritto naturale del nostro popolo, un diritto a preservare la nostra lingua, la nostra cultura e la nostra storia». Queste parole, che risalgono agli anni immediatamente successivi all'ottenimento dello Statuto, evocano la sacralità dell'autonomia non come una concessione, ma come un riconoscimento delle legittime aspirazioni di un intero popolo a mantenere e custodire la propria identità.

Ma oggi, a distanza di quasi ottant’anni, la situazione appare ben diversa. L’Autonomia che una volta aveva acceso gli animi, che aveva dato a molti un motivo di lotta e di speranza, sembra essere in una fase di stallo. La Valle d’Aosta, una volta simbolo di resistenza culturale e politica, sembra aver perso quella tensione ideologica che aveva alimentato la sua crescita e la sua affermazione. Le generazioni che hanno vissuto la lotta per l’Autonomia si stanno lentamente estinguendo, e con loro sembra svanire anche quella forza propulsiva che aveva spinto la regione a ottenere un posto di rilievo nell’Italia Repubblicana.

Oggi, le nuove generazioni sembrano disinteressarsi di quel patrimonio che una volta fu oggetto di sacrifici e di battaglie politiche. Non si parla più di autonomia come di un valore fondamentale, ma piuttosto come di una concessione ormai acquisita, come se il fatto stesso di essere autonomi bastasse. La politica valdostana, da qualche anno a questa parte, appare disorientata e frammentata.

Non c’è più quella visione unitaria che caratterizzava le lotte per l'Autonomia, ma un’inevitabile scivolamento verso la banalizzazione delle questioni politiche. I partiti locali, pur mantenendo il linguaggio della difesa dell’Autonomia, non sembrano riuscire a trasmettere l’urgenza morale di quel progetto originario.

La mancanza di una tensione ideologica forte si riflette, tra l’altro, nella difficoltà della Valle d'Aosta a mantenere un ruolo influente in ambito nazionale. A differenza di altre realtà regionali, la Valle sembra non essere più in grado di proporsi come modello di una diversa concezione dell'autonomia, e spesso si limita a difendere ciò che ha ottenuto senza chiedersi se ciò che è stato conquistato vada realmente protetto e, se necessario, rinnovato. La vera battaglia per l'autonomia non si fa solo a livello istituzionale o con la protezione delle lingue e delle tradizioni, ma con una visione politica che sappia cogliere i cambiamenti e le sfide del presente. Purtroppo, questa visione sembra mancare oggi, a fronte della crescente omogeneizzazione politica e culturale che sta minando la varietà delle identità regionali in Italia.

La crisi dell'Autonomia è anche una crisi morale. «Un popolo senza identità è come un corpo senza anima», scriveva il filosofo tedesco Johann Gottfried Herder. Le parole di Herder sono tanto più rilevanti oggi, quando la Valle d'Aosta, pur godendo di un’autonomia giuridica, sembra aver perso quel fuoco che animava la sua lotta per l'indipendenza culturale. La Valle sembra aver dimenticato che l’autonomia non è solo un privilegio politico, ma una garanzia di sopravvivenza culturale e etnica, una protezione contro l’omogeneizzazione del mondo moderno.

In un momento in cui molte regioni italiane stanno rivendicando maggiore autonomia o addirittura l’indipendenza, la Valle d'Aosta sembra aver perso quella spinta che un tempo l’aveva contraddistinta. Non basta celebrare anniversari importanti come quelli che quest’anno segnalano i 79 anni di Autonomia e i 77 anni dello Statuto Speciale.

È necessario fare uno sforzo più grande: riflettere su come quella conquista storica possa essere rinnovata e rilanciata, trovando una nuova forza morale ed ideologica che faccia sentire ancora una volta la voce della Valle d'Aosta, in Italia e in Europa. La cultura valdostana non deve essere solo un ricordo del passato, ma una risorsa viva, in grado di proiettare la regione nel futuro, preservando la sua unicità e il suo valore intrinseco. Solo allora l’Autonomia non sarà solo un traguardo raggiunto, ma una conquista da continuare a difendere e a valorizzare.

Come affermò il grande filosofo e politico Karl Marx, «La storia non si fa senza lotta». La lotta per l’autonomia, per la difesa della nostra cultura e identità, è tutt’altro che conclusa. È necessario che le nuove generazioni si rendano conto che l'autonomia non è solo un diritto acquisito, ma una battaglia che continua, una battaglia che va combattuta ogni giorno per preservare ciò che ci rende unici. La storia della Valle d'Aosta ci insegna che la sua forza non risiede solo nelle sue montagne, ma nella determinazione e nella visione di chi è disposto a lottare per mantenere viva la propria identità.

Oggi 1946 - 1948

La Vallée d'Aoste célèbre aujourd'hui le 79e anniversaire de son Autonomie et le 77e anniversaire de son Statut spécial. Les célébrations commencent à 17 heures dans la salle Maria Ida Viglino du Palais régional à Aoste, en présence de deux invités d'honneur : Muriel Favre-Torelloz, présidente du Grand Conseil du Canton du Valais, et Arno Kompatscher, président de la Province autonome de Bolzano/Bozen.

La Vallée d'Aoste, petite région nichée entre les montagnes des Alpes, a toujours représenté un exemple d'équilibre délicat entre différentes identités culturelles, linguistiques et politiques. Bien que minoritaire, sa voix s'est toujours distinguée par sa langue franco-provençale, son histoire et sa vision autonomiste. Mais aujourd'hui, à 79 ans de l’obtention de l’Autonomie et à 77 ans de la concession du Statut Spécial, cette même voix semble se réduire, perdant la force qui la caractérisait autrefois. Le manque de tension morale et idéologique, de cette impulsion qui, par le passé, a donné corps à la lutte pour l'autonomie, est désormais une réalité que personne ne semble vouloir interroger de manière approfondie.

Revenir sur l'histoire de l'Autonomie de la Vallée d'Aoste est un voyage qui commence par les difficultés de l'après-guerre, lorsque la région, après des années de domination fasciste et de tensions avec l'administration centrale, réussit à conquérir son espace au sein de la République italienne. À partir de 1946, avec la fin de la Seconde Guerre mondiale, la Vallée d'Aoste parvint à faire entendre sa voix. Ce ne fut pas facile. L’autonomie que le peuple valdôtain recherchait n’était pas simplement un caprice, mais une nécessité historique et culturelle, un moyen de préserver l’identité ethno-linguistique d’une population qui vivait depuis des siècles sur un territoire à cheval entre l'Italie et la France. La victoire arriva avec le Statut Spécial, qui fut approuvé en 1948, après un long et difficile processus politique impliquant des politiciens, des intellectuels et des militants locaux.

Le Statut Spécial de la Vallée d'Aoste représentait une concession extraordinaire de la part de l'État italien, une réponse aux besoins d’une région qui, en raison de sa position géographique et de ses particularités linguistiques et culturelles, avait besoin d'un espace politique autonome pour protéger et valoriser son identité. Avec ce Statut, la Vallée d'Aoste obtenait des compétences législatives et administratives propres, reconnaissant officiellement le bilinguisme et garantissant une large autonomie dans les domaines législatif, culturel et fiscal. Les promesses étaient claires : la valorisation de la langue et de la culture valdôtaines, la protection de l'identité historique, la possibilité de faire des choix autonomes pour son avenir.

Pour témoigner de cette lutte historique, les paroles de l’un des pères de l’autonomie valdôtaine, Edmondo Jolly, résonnent encore aujourd'hui comme un avertissement : « L'autonomie n'est pas seulement une conquête politique, c'est un droit naturel de notre peuple, un droit de préserver notre langue, notre culture et notre histoire ». Ces mots, qui remontent aux années immédiatement après l’obtention du Statut, évoquent la sacralité de l'autonomie non pas comme une concession, mais comme une reconnaissance des légitimes aspirations d'un peuple tout entier à maintenir et à protéger son identité.

Mais aujourd'hui, près de quatre-vingts ans plus tard, la situation apparaît bien différente. L’Autonomie qui autrefois avait enflammé les esprits, qui avait donné à beaucoup une raison de lutter et d’espérer, semble être dans une phase de stagnation. La Vallée d'Aoste, autrefois symbole de résistance culturelle et politique, semble avoir perdu cette tension idéologique qui avait alimenté sa croissance et son affirmation. Les générations qui ont vécu la lutte pour l’Autonomie s’éteignent lentement, et avec elles semble disparaître aussi cette force propulsive qui avait poussé la région à obtenir une place de choix dans l'Italie républicaine.

Aujourd'hui, les nouvelles générations semblent se désintéresser de ce patrimoine qui fut un jour l’objet de sacrifices et de luttes politiques. On ne parle plus d’autonomie comme d’une valeur fondamentale, mais plutôt comme d’une concession acquise, comme si le simple fait d’être autonome suffisait. La politique valdôtaine, depuis quelques années, apparaît désorientée et fragmentée. Il n'y a plus cette vision unitaire qui caractérisait les luttes pour l'Autonomie, mais une dérive inévitable vers la banalisation des questions politiques. Les partis locaux, tout en maintenant le langage de la défense de l'Autonomie, semblent incapables de transmettre l’urgence morale de ce projet originel.

Le manque d'une forte tension idéologique se reflète, entre autres, dans la difficulté de la Vallée d'Aoste à maintenir un rôle influent au niveau national. Contrairement à d'autres réalités régionales, la Vallée semble ne plus être en mesure de se proposer comme un modèle d'une conception différente de l’autonomie, et se contente souvent de défendre ce qu’elle a obtenu sans se demander si ce qui a été conquis doit vraiment être protégé et, si nécessaire, renouvelé. Le véritable combat pour l’autonomie ne se fait pas seulement au niveau institutionnel ou avec la protection des langues et des traditions, mais avec une vision politique qui sait saisir les changements et les défis du présent. Malheureusement, cette vision semble manquer aujourd'hui, face à l'homogénéisation politique et culturelle croissante qui mine la diversité des identités régionales en Italie.

La crise de l'Autonomie est aussi une crise morale. « Un peuple sans identité est comme un corps sans âme », écrivait le philosophe allemand Johann Gottfried Herder. Les paroles de Herder sont d’autant plus pertinentes aujourd’hui, lorsque la Vallée d'Aoste, bien qu’ayant une autonomie juridique, semble avoir perdu cette flamme qui animait sa lutte pour l’indépendance culturelle. La Vallée semble avoir oublié que l’autonomie n’est pas seulement un privilège politique, mais une garantie de survie culturelle et ethnique, une protection contre l’homogénéisation du monde moderne.

À un moment où de nombreuses régions italiennes revendiquent davantage d’autonomie ou même l’indépendance, la Vallée d'Aoste semble avoir perdu cette impulsion qui l’avait autrefois caractérisée. Il ne suffit pas de célébrer des anniversaires importants comme ceux de cette année, qui marquent les 79 ans d'Autonomie et les 77 ans du Statut Spécial. Il est nécessaire de faire un effort plus grand : réfléchir sur la manière dont cette conquête historique peut être renouvelée et relancée, en trouvant une nouvelle force morale et idéologique qui fasse entendre à nouveau la voix de la Vallée d'Aoste, en Italie et en Europe. La culture valdôtaine ne doit pas être seulement un souvenir du passé, mais une ressource vivante, capable de projeter la région dans l'avenir, en préservant son unicité et sa valeur intrinsèque. Ce n’est qu’alors que l’Autonomie ne sera pas seulement un objectif atteint, mais une conquête à continuer de défendre et à valoriser.

Comme l’a affirmé le grand philosophe et homme politique Karl Marx : « L’histoire ne se fait pas sans lutte ». La lutte pour l’autonomie, pour la défense de notre culture et de notre identité, est loin d’être terminée. Il est nécessaire que les nouvelles générations prennent conscience que l’autonomie n’est pas seulement un droit acquis, mais un combat qui continue, un combat qu’il faut mener chaque jour pour préserver ce qui nous rend uniques. L’histoire de la Vallée d'Aoste nous enseigne que sa force ne réside pas seulement dans ses montagnes, mais dans la détermination et la vision de ceux qui sont prêts à lutter pour maintenir vivante leur identité.

 

piero.minuzzo@gmail.com

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