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ECONOMIA | 19 febbraio 2025, 13:59

Traforo Monte Bianco: impatti economici e ambientali delle chiusure, 12 milioni di euro di perdite annuali

Durante un incontro convocato dal Presidente della Regione Renzo Testolin, sono stati presentati i dati sui ricadute delle chiusure del traforo del Monte Bianco. Le analisi hanno evidenziato un impatto economico complessivo di circa 12 milioni di euro all’anno, con il settore turistico che perde 6,8 milioni. Dal punto di vista ambientale, il monitoraggio ha mostrato una riduzione delle emissioni da traffico, ma ha sottolineato che gli impianti di riscaldamento rimangono una fonte principale di inquinamento.

foto RAVA

foto RAVA

Il traforo del Monte Bianco è da decenni un punto nevralgico per il collegamento tra l’Italia e la Francia, rappresentando uno snodo fondamentale per il traffico commerciale e turistico. Tuttavia, l’interruzione temporanea della sua attività per lavori di manutenzione ha sollevato preoccupazioni e interrogativi riguardo agli impatti ambientali ed economici sulle zone circostanti, in particolare sulla Valle d'Aosta. Per affrontare questa problematica, la Presidenza della Regione ha convocato un incontro che ha visto la partecipazione di istituzioni locali, esperti e rappresentanti dei settori economici, per condividere i risultati delle indagini commissionate ad Arpa Valle d'Aosta e all'Università della Valle d'Aosta. L’obiettivo era valutare gli effetti delle chiusure periodiche del traforo sotto diverse angolazioni: quelle ambientali, ma anche quelle socio-economiche, per capire come la Regione possa affrontare la situazione e cercare di mitigare le difficoltà.

Il presidente della Regione Renzo Testolin ha sottolineato l'importanza di analizzare con attenzione gli effetti delle chiusure temporanee, che non solo influenzano l'ambiente ma anche l'economia locale. “Abbiamo voluto raccogliere e analizzare dati concreti per capire se ci siano ricadute pesanti sulla nostra economia e, se sì, come possiamo arginare queste difficoltà”, ha dichiarato Testolin, aprendo i lavori della presentazione. Non è un caso che si tratti di un tema cruciale per l’intera Valle d’Aosta, vista la centralità del traforo sia per il commercio che per il turismo. In effetti, come hanno evidenziato i relatori durante l’incontro, le chiusure hanno comportato delle ripercussioni dirette soprattutto nei settori del commercio, del turismo e dell'industria, generando una serie di perdite economiche che, seppur contenute, sono significative.

A Marco Alderighi, Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche ed Economiche dell'Università della Valle d'Aosta, è stata affidata l’analisi delle ricadute economiche e socio-culturali. Alderighi ha esaminato le principali aree interessate dal traffico diretto verso il traforo e ha presentato i risultati della sua ricerca, che ha quantificato l’impatto economico delle chiusure in circa 12 milioni di euro all’anno. La perdita di fatturato nei settori interessati varia, con l'industria che subisce un incremento dei costi di trasporto e logistici pari a 2,65 milioni di euro, mentre il commercio e la ristorazione perdono circa 2,39 milioni a causa della riduzione delle presenze, soprattutto di turisti e escursionisti. Il settore turistico è stato il più colpito, con una stima di perdite pari a 6,8 milioni di euro, principalmente dovute alla riduzione del flusso di visitatori. "Le chiusure hanno avuto un impatto evidente, ma l’effetto complessivo non è stato devastante", ha osservato Alderighi, spiegando che il monitoraggio dimostra come, nonostante queste perdite, l’economia della regione stia resistendo grazie alla resilienza del sistema.

Anche se il settore turistico ha registrato cali nelle presenze, lo studio ha messo in evidenza che le perdite non sono uniformi, con alcuni comparti che hanno saputo attutire meglio l’impatto grazie a strategie alternative, come eventi stagionali o iniziative promozionali. "L’impatto delle chiusure ha messo in evidenza la necessità di investire in strategie più robuste, in grado di supportare i settori economici vulnerabili durante i periodi di interruzione del traffico", ha aggiunto Alderighi, mettendo l'accento sulla necessità di piani di gestione delle crisi che possano limitare i danni in futuro.

Sotto il profilo ambientale, i risultati dei monitoraggi effettuati da Arpa Valle d'Aosta hanno rivelato dinamiche interessanti. Tiziana Magri, fisico presso Arpa, ha spiegato che, sebbene le emissioni dovute al traffico abbiano avuto una riduzione significativa grazie alla chiusura del tunnel, la qualità dell’aria non ha mostrato miglioramenti sostanziali. "Il monitoraggio ha evidenziato come, mentre le emissioni derivanti dal traffico siano diminuite, il reale impatto sulla qualità dell'aria è stato in gran parte influenzato dai sistemi di riscaldamento, che continuano a essere una delle principali fonti di inquinamento nella zona di Courmayeur", ha dichiarato Magri. Questi dati hanno messo in luce una complessità che non è facilmente risolvibile semplicemente con la riduzione del traffico: infatti, se da un lato le chiusure riducono temporaneamente l’emissione di gas nocivi, dall’altro non si registrano riduzioni significative nelle polveri sottili, a causa delle altre fonti di inquinamento atmosferico, in particolare quelle legate all'uso di impianti di riscaldamento.

Nonostante ciò, le analisi hanno anche suggerito che, nel lungo periodo, l’ammodernamento del parco veicoli, che ha visto un aumento della qualità dei mezzi a motore, potrebbe portare a una diminuzione generale delle emissioni, seppur con le difficoltà legate a picchi di traffico nei periodi più critici. "Il traffico ha sicuramente un ruolo, ma non è l’unica variabile. Gli impianti di riscaldamento sono una fonte non trascurabile di inquinamento, che va affrontata con politiche mirate", ha concluso Magri, ponendo l’accento sull’importanza di agire anche su queste fonti di inquinamento per migliorare la qualità dell’aria nella zona del Monte Bianco.

Sul piano politico, il presidente Testolin ha ribadito l'importanza di un approccio binazionale per affrontare il futuro del traforo. "Il futuro dei collegamenti transfrontalieri deve essere gestito in maniera congiunta tra Italia e Francia. Questo non è solo un problema della Valle d'Aosta, ma un tema che riguarda l'intera area alpina", ha dichiarato Testolin, mettendo in evidenza come la cooperazione tra i due Paesi sia fondamentale per migliorare la sicurezza, la mobilità e la sostenibilità ambientale. "La discussione sulla seconda canna del Monte Bianco deve tener conto delle esigenze di sicurezza, ma anche dell’impatto ambientale e sociale che una simile infrastruttura potrebbe avere. Dobbiamo avere il coraggio di guardare oltre la soluzione temporanea e cercare risposte che siano in grado di garantire un futuro più sicuro e sostenibile per tutti."

Il presidente ha anche ricordato che la questione va affrontata in maniera transfrontaliera e con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti. "Non possiamo pensare che la soluzione possa arrivare solo a livello locale. È necessario un dibattito più ampio che coinvolga anche l’Europa, affinché si possano prendere decisioni che vanno al di là degli interessi nazionali e locali. Le Alpi sono un patrimonio che va tutelato in modo condiviso, con un’attenzione particolare alla sicurezza dei cittadini e alla qualità dell’ambiente", ha concluso Testolin.

La questione del traforo del Monte Bianco continua dunque a essere al centro di un dibattito che coinvolge non solo gli aspetti pratici legati alla viabilità e all’economia, ma anche considerazioni di natura ambientale e politica. Il futuro del traforo, e delle possibili soluzioni come la seconda canna, sembra dipendere da un delicato equilibrio tra sviluppo infrastrutturale, sostenibilità ambientale e collaborazione internazionale.

pi.mi.

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