In questi giorni si sta parlando molto di una sentenza della Corte d’Appello di Milano, secondo cui la retta della RSA di una donna malata di Alzheimer, ricoverata in una struttura sanitaria assistenziale, deve essere a totale carico del Sistema Sanitario Nazionale. Sul tema, da diversi anni, si moltiplicano le sentenze, ma con approcci opposti. Alcune sostengono che le prestazioni socio-assistenziali di rilievo sanitario vanno ricondotte a quelle a carico del SSR e che, pertanto, nessun contributo può essere posto a carico del paziente (cfr. sentenza della Corte di Cassazione n. 4752/2024, depositata il 22 febbraio 2024). Alcune, invece, all’opposto, affermano che la valenza sanitaria di alcune prestazioni erogate in RSA non determina l’automatica addossabilità al SSR degli interi costi del ricovero, confermando il sistema di compartecipazione alla spesa da parte dell’utente.
Negli ultimi anni, il tema del finanziamento delle prestazioni in regime di lungodegenza, rivolte ad anziani non autosufficienti ricoverati presso strutture sociosanitarie, è stato oggetto di pronunce giurisprudenziali di diverso orientamento. In taluni casi, l’orientamento è stato quello di ricondurre queste prestazioni nell’alveo di quelle a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale, sulla base dell’asserita rilevanza sanitaria di parte delle prestazioni erogate e dell’inscindibilità delle stesse con le prestazioni di carattere più sociale o alberghiero, assolutamente normali nell’ambito di una prestazione di lungodegenza.
Le sentenze riguardano persone affette da patologia di Alzheimer, ma in realtà i presupposti di interpretazione normativa sono applicabili alla quasi totalità dei ricoverati. A volte, parlano di inscindibilità tra la prestazione sanitaria e quella sociale, altre volte fanno riferimento a una supposta prevalenza delle prestazioni di tipo sanitario relativamente a ricoveri di soggetti fragili in regime residenziale. In ogni caso, il risultato è quello di ricondurre l’intero costo del ricovero nell’ambito del SSN.
Di contro, la più recente giurisprudenza della Cassazione, più volte in questi giorni riportata dai media, pur non contestando la ricostruzione normativa sopra indicata, ha invece apparentemente riconosciuto l’esclusiva competenza del SSN per le prestazioni rivolte ai malati di Alzheimer. Tale riconoscimento sussisterebbe solo a condizione della redazione di un piano terapeutico personalizzato (Cassazione, ordinanza n. 13174 del 18/5/2023), differente dal Piano di Assistenza Individualizzato attualmente in uso presso le RSA. A livello regionale, la disciplina è stata recepita con DGR 267/2018.
Le disposizioni vigenti prevedono quanto segue:
- trattamento estensivo, sino a 60 giorni di degenza in struttura (30 rivalutabili in ulteriori 30): la retta è 100% a carico del SSR (cosiddetto TD1=Trattamento Demenze 1) - art. 30, lett. a) del DPCM LEA
- trattamento di lungoassistenza, senza limiti temporali di degenza in struttura: la retta è 50% a carico SSR e 50% a carico utente/famiglie, che possono beneficiare dei contributi di cui all'art. 19 della LR 23/2010 (cosiddetto TD2=Trattamento Demenze 2) - art. 30, lett. b) del DPCM LEA.
L'individuazione del corretto setting assistenziale fa seguito alla valutazione multidimensionale svolta dal Centro regionale per Disturbi Cognitivi e Demenze (CDCD), la quale fa capo alla SC Geriatria dell'Azienda USL.
Art. 30. Assistenza sociosanitaria residenziale e semiresidenziale alle persone non autosufficienti
- Nell'ambito dell'assistenza residenziale, il Servizio Sanitario Nazionale garantisce alle persone non autosufficienti, previa valutazione multidimensionale e presa in carico: a) trattamenti estensivi di cura e recupero funzionale a persone non autosufficienti con patologie che, pur non presentando particolari criticità e sintomi complessi, richiedono elevata tutela sanitaria con continuità assistenziale e presenza infermieristica sulle 24 ore. I trattamenti, erogati mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche, sono costituiti da prestazioni professionali di tipo medico, infermieristico, riabilitativo e di riorientamento in ambiente protesico, e tutelare, accertamenti diagnostici, assistenza farmaceutica, fornitura dei preparati per nutrizione artificiale e dei dispositivi medici di cui agli articoli 11 e 17, educazione terapeutica al paziente e al caregiver. La durata del trattamento estensivo, di norma non superiore a sessanta giorni, è fissata in base alle condizioni dell'assistito, che sono oggetto di specifica valutazione multidimensionale, da effettuarsi secondo le modalità definite dalle regioni e dalle province autonome; b) trattamenti di lungoassistenza, recupero e mantenimento funzionale, ivi compresi interventi di sollievo per chi assicura le cure, a persone non autosufficienti. I trattamenti sono costituiti da prestazioni professionali di tipo medico, infermieristico, riabilitativo e di riorientamento in ambiente protesico, e tutelare, accertamenti diagnostici, assistenza farmaceutica e fornitura dei preparati per nutrizione artificiale e dei dispositivi medici di cui agli articoli 11 e 17, educazione terapeutica al paziente e al caregiver, con garanzia di continuità assistenziale, e da attività di socializzazione e animazione.
- I trattamenti estensivi di cui al comma 1, lettera a), sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale. I trattamenti di lungoassistenza di cui al comma 1, lettera b), sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale per una quota pari al 50 per cento della tariffa giornaliera.
- Nell'ambito dell'assistenza semiresidenziale, il Servizio Sanitario Nazionale garantisce trattamenti di lungoassistenza, di recupero, di mantenimento funzionale e di riorientamento in ambiente protesico, ivi compresi interventi di sollievo, a persone non autosufficienti con bassa necessità di tutela sanitaria.
- I trattamenti di lungoassistenza di cui al comma 3 sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale per una quota pari al 50 per cento della tariffa giornaliera.
Riportiamo su questa grave problematica un appello dell’associazione UNEBA.
RETTA PER I MALATI DI ALZHEIMER: A CHI SPETTA PAGARE?
APPELLO DI UNEBA ALLA POLITICA: FARE CHIAREZZA PRESTO, SERVONO NUOVE NORME
Nel settore dell’assistenza agli anziani non autosufficienti resta un grande nodo irrisolto, che mette in difficoltà tanto le persone fragili e le loro famiglie, quanto gli enti sociosanitari che offrono loro assistenza. È la questione della titolarità della retta da pagare alle RSA che accolgono malati di Alzheimer: è interamente a carico della Regione, o la persona assistita/la sua famiglia ne devono pagare una parte?
A chiedere una nuova norma che dia una risposta chiara e definitiva è Uneba, l’associazione di categoria degli enti non profit di radici cristiane dediti alla fragilità: centinaia sono le strutture Uneba, a partire dalle RSA, che accolgono malati di Alzheimer.
“In forza della nostra esperienza, rilanciamo la richiesta di chiarezza sulla titolarità degli oneri relativi ai costi di degenza per l’assistenza ai malati di Alzheimer. Uneba ha inviato sul tema un appello a ministri del Governo, a presidenti e assessori delle Regioni, e ai gruppi parlamentari, rinnovando la richiesta espressa a maggio 2024, che già aveva portato a primi riscontri. Alcune sentenze hanno recentemente sancito la gratuità per il cittadino malato di Alzheimer dell’assistenza ricevuta in RSA, ma al contempo non è definito il pagamento dell’assistenza alle RSA da parte del Sistema Sanitario.”
“Questa situazione è di grave danno per le strutture sociosanitarie. Da un lato perché non hanno certezze su chi corrisponderà la retta. Dall’altro perché questa situazione finisce col mettere le famiglie degli utenti, che sostengono che la spesa per l’assistenza del loro caro debba essere a carico del Sistema Sanitario Nazionale, contro le strutture, ingiustamente accusate di richiedere un pagamento non dovuto. Con esiti che possono arrivare alla strumentalizzazione di questa complessa e delicata questione.”
Per coloro che, a fronte della pubblicità data a questa sentenza, ci chiedono come muoversi, ricordo purtroppo che una sentenza di Cassazione, soprattutto in quanto non a Sezioni Unite, su una materia così complessa, in cui sono evidenti diverse letture giurisprudenziali, prima di iniziare un eventuale percorso legale è necessario valutare caso per caso con molta attenzione.