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CRONACA | 02 gennaio 2025, 13:56

L'angoscia della detenzione di Cecilia Sala: Un appello alla liberazione immediata

Il CNDDU esprime tutta la sua vicinanza e solidarietà alla famiglia Sala, che vive profondi momenti di angoscia e disperazione da quasi due settimane

L'angoscia della detenzione di Cecilia Sala: Un appello alla liberazione immediata

Abbiam sperato tutti di iniziare il nuovo anno con la notizia della liberazione della giornalista Cecilia Sala, arrestata il 19 dicembre a Teheran con l'accusa di aver violato la legge islamica, e da allora detenuta in cella di isolamento nel carcere duro di Evin, situato a nord della capitale iraniana. E invece, il 2025 è arrivato senza il rilascio della giornalista romana. Cerchiamo di capire cosa sappiamo di preciso sul suo arresto e quali sono in queste ore le trattative in corso per la sua liberazione.

Cecilia Sala è arrivata in Iran il 13 dicembre per i suoi reportage relativi al podcast Stories, con un regolare visto giornalistico della durata di otto giorni. Il 19 dicembre, la giornalista collaboratrice de Il Foglio e Chora Media è stata arrestata e trasferita nel carcere di Evin, simbolo della repressione politica del regime iraniano e noto per la frequente detenzione di oppositori politici e cittadini stranieri. Il giorno successivo all’arresto, la Sala ha chiamato la famiglia e, come ha affermato Mario Calabresi, il direttore di Chora Media, “è stata autorizzata solo a leggere un messaggio”.

La Farnesina ha confermato ufficialmente la notizia del suo arresto soltanto dopo otto giorni. Nel carcere di Evin, dove è rinchiusa, l’unica ad averla incontrata è Paola Amadei, l’ambasciatrice italiana in Iran. A oggi, le motivazioni del suo fermo risultano poco chiare, perché Cecilia ha una solida esperienza in campo giornalistico e come inviata di guerra, e conosce bene le particolari dinamiche che si innescano nelle aree di crisi.

La notizia del suo arresto fin da subito è stata collegata a quella di un altro arresto, avvenuto tre giorni prima in Italia, all’aeroporto di Malpensa, dove è stato fermato l’ingegnere iraniano Mohammed Abedini Najafabadi, su richiesta degli Stati Uniti, per traffico di droni utilizzati per “sostenere gruppi terroristi e milizie filo-iraniane che puntano a destabilizzare l’intera regione”. Tra le accuse rivolte all' “uomo dei droni”, che dal carcere di Opera dichiara di non essere un terrorista, c’è quella di cospirazione per esportare componenti elettronici sofisticati dagli USA all’Iran, in violazione delle leggi sul controllo delle esportazioni.

Il Dipartimento di Stato degli USA è intervenuto repentinamente con toni perentori sull’arresto della giornalista italiana, chiedendone il “rilascio immediato e incondizionato” e ha parlato fin da subito di “ricatto e leva politica” e di “arresti arbitrari”. Ad ogni modo, tre paesi, Stati Uniti, Italia e Iran, e due persone, l’ingegnere iraniano e la giornalista italiana, sembrano collegati da un filo rosso. La contestazione generica mossa a Sala spingerebbe anche a pensare che l’obiettivo delle autorità iraniane sia quello dello scambio dei prigionieri.

In queste ore sono in corso le trattative dell’Italia per il rilascio della nostra connazionale. L’Italia chiede “garanzie totali sulle reali condizioni di detenzione di Cecilia Sala”, in isolamento da tredici giorni nel penitenziario di Evin e, ovviamente, “la liberazione immediata”.

Tutte le più alte cariche istituzionali – il ministro degli Esteri Antonio Tajani, la premier Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio – si sono attivate con atti formali per fare in modo che fosse consegnata la nota verbale del nostro Paese, attraverso l’ambasciatrice italiana, al governo iraniano, e permettere un nuovo incontro tra l’ambasciatrice e la Sala.

Sono ore di angoscia quelle che l’Italia sta vivendo. Ieri sera, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel discorso di fine anno, ha parlato della detenzione della nostra giornalista e ha espresso vicinanza in attesa di rivederla presto in Italia.

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani (CNDDU), da sempre impegnato in prima linea a sostegno dei Diritti Umani e dell’importanza fondamentale delle libertà di espressione e di stampa, e soprattutto del ruolo prezioso dei giornalisti e degli operatori media, sottolinea la necessità e l’urgenza di tutelare maggiormente i cronisti e i corrispondenti di guerra, perché, nonostante la protezione del Diritto internazionale umanitario, sono sempre più spesso in pericolo di vita o diventano leva politica, come nel caso di Cecilia Sala e tanti altri reporter, fotografi e cameraman.

Ci teniamo ancora una volta a sottolineare che il ruolo dell’informazione è l’elemento fondante della democrazia, perché rappresenta l’anticorpo contro le manipolazioni della realtà. “Tanti giornalisti rischiano la vita per documentare quel che accade nelle sciagurate guerre ai confini dell’Europa, in Medio Oriente e altrove. Spesso pagano a caro prezzo il servizio che rendono alla comunità”.

Il CNDDU esprime tutta la sua vicinanza e solidarietà alla famiglia Sala, che vive profondi momenti di angoscia e disperazione da quasi due settimane; sollecita il governo italiano affinché lavori con la massima attenzione per riportare nel nostro Paese la giornalista; si unisce, infine, alla FNSI e alle voci del mondo civile per chiedere azioni congiunte finalizzate alla liberazione immediata della giornalista italiana Cecilia Sala.

“Sto bene, ma fate presto”. Sta bene Cecilia, ma fate presto.

prof.ssa Rosa Manco CNDDU

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