Finita la sbornia di Natale è tempo di ritornare con i peidi per terra per dare risospete concrete e tempestive ai problemi. Partiamo dalla denuncia della FP CGIL di Aosta, che ha messo in luce l’allarme per la carenza di pediatri nel reparto di Neonatologia e Pediatria dell'AUSL regionale, è solo l’ultimo campanello d’allarme di una crisi che affligge la sanità pubblica in tutta Italia. La drammatica situazione in Valle d'Aosta, dove il punto nascite rischia la chiusura, non è un caso isolato.
Al contrario, rappresenta un quadro allarmante che, se non affrontato con urgenza, potrebbe avere conseguenze devastanti per l’intero sistema sanitario nazionale.
Ogni giorno, la sanità pubblica è costretta a fare i conti con le proprie contraddizioni. Da un lato, gli sforzi incessanti di professionisti, sindacati e amministratori per garantire il diritto alla salute dei cittadini; dall’altro, l’impossibilità di rispondere alle esigenze di una popolazione che cresce, invecchia e, come nel caso specifico, necessita di cure specifiche. La situazione che si vive ad Aosta, dove la pediatria è ridotta ai minimi termini, dimostra la pericolosa tendenza a non affrontare con la necessaria tempestività e serietà una crisi che ormai è sotto gli occhi di tutti.
Il problema della carenza di medici non è una novità, eppure, la risposta istituzionale continua a essere insufficiente. Si parla spesso di riforme, di innovazioni e di potenziamento dei servizi, ma la realtà dei fatti è ben diversa: i pediatri che mancano non si materializzano con la velocità delle parole. La sanità pubblica, così com'è concepita oggi, è sempre più un'istituzione che cerca di tamponare le falle, senza un piano strategico a lungo termine che miri a risolvere le cause strutturali del problema.
Le soluzioni, purtroppo, sono sempre le stesse: ricorrere ai medici "gettonisti", chiamare professionisti da altri paesi, ovvero una politica che tenta di curare i sintomi senza mai affrontare la radice del problema. E nel frattempo, la qualità dei servizi diminuisce, il personale rimasto è costretto a ritmi insostenibili e, nel caso specifico della pediatria, i più vulnerabili, i bambini, rischiano di non essere più tutelati adeguatamente.
A tutto questo si aggiunge l’incredibile situazione dei pediatri di base, la cui carenza si fa sempre più pesante. Ogni pediatra si trova a dover gestire un numero crescente di pazienti, non solo con prestazioni quotidiane sempre più complesse, ma con una pressione che rischia di compromettere la qualità stessa dell'assistenza. Se si pensa che in alcune regioni il numero di pediatri è inferiore alla metà di quanto richiesto, è chiaro che qualcosa non sta funzionando.
La questione non può più essere rimandata: le risposte a breve termine non sono sufficienti. È necessaria una programmazione seria, un impegno a lungo termine che permetta di formare medici e professionisti adeguati, che dia spazio a nuove generazioni di specialisti e che garantisca il diritto alla salute come un bene pubblico da difendere con tutte le forze.
Il sindacato, che da sempre lotta per il riconoscimento del valore della sanità pubblica e dei suoi operatori, non può rimanere in silenzio di fronte a una situazione così critica. È necessario fare fronte comune per chiedere una riforma strutturale che non si limiti a interventi spot, ma che investa sull'intero sistema. La salute dei cittadini, e in particolare dei più giovani, non può essere sacrificata alle logiche del risparmio.
Oggi più che mai, il sindacato e le associaszioni di consumatori devono alzare la voce per una sanità che metta al centro i bisogni delle persone e non le difficoltà amministrative o finanziarie. La sfida è grande, ma non è insormontabile. Basta decidere di mettere davvero i piedi per terra, di affrontare la realtà con pragmatismo e coraggio, per non ritrovarci domani con una sanità che non riesce più a rispondere alle esigenze di chi ha bisogno di cure, e lo fa in un momento di vulnerabilità assoluta. La politica, e con essa tutti noi, non possiamo più permetterci di rimanere indifferenti.