Marco Sorbara ha partecipato al convegno Dignità e Giustizia, organizzato dall'Associazione Culturale La Tazzina della Legalità, portando la sua drammatica esperienza come testimonianza diretta delle ingiustizie subite. Ex detenuto ingiustamente per 909 giorni, di cui 45 trascorsi in isolamento in condizioni disumane, Sorbara ha condiviso con il pubblico la sua sofferenza e la battaglia legale che ha intrapreso per ottenere la giustizia. La sua vicenda, che lo ha visto accusato di un reato che poi si è rivelato infondato, ha messo in evidenza le gravi lacune del sistema giudiziario italiano, sollevando una domanda cruciale: chi risarcirà coloro che, come lui, sono stati privati della propria libertà e dignità per errori del sistema?
La sua partecipazione al convegno è stata fondamentale per sottolineare le difficoltà vissute dalle vittime di ingiusta detenzione, ma anche per chiedere un cambiamento concreto nel trattamento delle persone erroneamente accusate. La sua testimonianza ha offerto una riflessione profonda sul valore della giustizia e sulla necessità di garantire risarcimenti adeguati e una maggiore tutela per chi subisce simili ingiustizie.
Un incontro di grande rilevanza si è svolto recentemente nella sala stampa della Camera dei Deputati, grazie all'invito dell'On. Alessia Ambrosi, che ha voluto portare all'attenzione un tema di assoluta importanza: la condizione dei testimoni e collaboratori di giustizia, e delle vittime dell'ingiusta detenzione. L'evento, a solo due mesi dall'ultimo incontro, ha messo in luce le sfide quotidiane affrontate da queste persone e la necessità di un impegno continuo da parte delle istituzioni per garantire loro giustizia e tutela.
Sergio GAGLIANESE Presidente Associazione Culturale LA TAZZINA DELLA LEGALITA'
L'On. Alessia Ambrosi ha aperto i lavori con una relazione approfondita, trattando con competenza le problematiche centrali del dibattito. In particolare, ha sottolineato la necessità di un sistema giuridico che sappia riconoscere e proteggere adeguatamente coloro che rischiano la vita per portare alla luce la verità. È stata poi l'On. Stefania Ascari a farsi portavoce delle gravi lacune nell'assistenza ai testimoni e collaboratori di giustizia, nonché delle difficoltà vissute dalle vittime dell'ingiusta detenzione, un fenomeno che, purtroppo, è in crescita. La Ascari ha messo in evidenza come questo non riguardi solo gli individui direttamente coinvolti, ma colpisca anche le loro famiglie, creando cicatrici che difficilmente possono essere rimarginate.
Un momento di grande intensità è stato l'intervento di Piera Aiello, ex deputata e testimone di giustizia da oltre 30 anni sotto scorta. Aiello, che fa parte del direttivo de La Tazzina della Legalità, ha denunciato le gravi carenze nel sistema di protezione, evidenziando come le soluzioni proposte dall'associazione non vengano ascoltate dalla politica. Un episodio emblematico della sua lotta è stato il documento mostrato durante il suo intervento: un foglio privo di dati, attestazioni o firme, che Aiello ha definito "un esempio di burocratica indifferenza nei confronti di chi lotta per la legalità."
Anche l'attore Alberto Gimignani ha portato la sua personale esperienza di ingiustizia, raccontando come, accusato senza fondamento di traffico di iPhone rubati, abbia impiegato ben 10 anni per vedere riconosciuta la sua innocenza. La sua storia è un potente monito sul lento e tortuoso cammino verso la giustizia che molte persone, innocenti, devono percorrere.
Un altro intervento che ha suscitato forte emozione è stato quello di Marco Sorbara, ex detenuto ingiustamente per 909 giorni, 45 dei quali trascorsi in isolamento in condizioni disumane. Il caso di Sorbara è un chiaro esempio del prezzo che alcune persone sono costrette a pagare a causa di errori giudiziari. Sorbara, dopo essere stato assolto perché il fatto non sussisteva, ha sollevato una domanda cruciale: chi risarcirà queste persone per le opportunità perdute e per le sofferenze patite? Una domanda che rimane, purtroppo, senza una risposta adeguata.
I testimoni di giustizia come Mauro Esposito, autore del libro Le mie due guerre, e Matteo Tubertini, imprenditore della Guglielmo Caffè, hanno raccontato le loro esperienze drammatiche. In particolare, Tubertini ha evidenziato come, nonostante il lungo percorso di denuncia e le difficoltà affrontate, non abbia ancora ricevuto alcun ristoro economico per i danni subiti, a quasi tre anni dalla sua vicenda.
Un altro aspetto importante della conferenza è stato il ruolo delle delegazioni regionali, presentate da Mary Troiano. La Troiano ha sottolineato l'importanza del coinvolgimento attivo delle diverse regioni, con figure come il professor Marco Limoncelli, rappresentante della Campania, che contribuiscono a rendere concreta e diffusa l'azione dell'associazione La Tazzina della Legalità.
La giornata si è conclusa con una riflessione del Presidente Nazionale di Confassociazioni, Angelo Deiana, che ha posto l'accento sul valore della dignità e della giustizia come pilastri della nostra società. Le parole di Deiana hanno sottolineato l'importanza di azioni concrete da parte delle istituzioni e della società civile per garantire che queste riflessioni non restino mere dichiarazioni, ma si traducano in provvedimenti risolutivi.
In conclusione, l'Associazione Culturale La Tazzina della Legalità continua il suo impegno a sensibilizzare l'opinione pubblica su temi cruciali che toccano la dignità delle persone, la giustizia e i diritti fondamentali. L'auspicio è che il lavoro di sensibilizzazione e denuncia porti presto a una concreta riforma del sistema giuridico, affinché vengano tutelate in maniera adeguata tutte quelle persone che, per aver scelto di testimoniare o per essere state vittime di ingiustizie, si sono trovate ad affrontare battaglie dure e solitarie.
In definitiva, la vera giustizia non può prescindere dalla difesa della dignità delle persone. È questo il messaggio più forte che è emerso dalla conferenza, e che deve essere fatto proprio da tutti coloro che credono nella forza di un sistema giuridico davvero giusto e umano.
Dopo l’assoluzione, con la dichiarazione che "il fatto non sussiste", Sorbara si è trovato a dover affrontare non solo il dolore fisico e psicologico della detenzione, ma anche il trauma di un sistema che, una volta commesso l’errore, ha difficoltà a risarcire davvero coloro che hanno subito ingiustizie. La sua domanda rimane aperta: chi risarcirà le vittime di ingiustizia per le opportunità perdute e le sofferenze patite?
Oggi, Marco Sorbara è testimone di una battaglia per i diritti delle persone che, come lui, sono state vittime di un sistema che non sempre sa riconoscere e riparare gli errori. La sua storia è un grido di giustizia che invita alla riflessione su come garantire che simili tragedie non si ripetano più.