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Chez Nous | 28 novembre 2024, 08:00

Éduquer les parents

Gli adulti in generale – dai maestri agli allenatori, dai dirigenti scolastici agli educatori sociali – devono essere coinvolti in un dialogo costante con le famiglie, per costruire insieme una rete educativa che sia in grado di prevenire il disagio giovanile ascoltarli e, soprattutto, come insegnare loro a rispettare gli altri, a convivere pacificamente e a risolvere i conflitti senza ricorrere alla violenza

Éduquer les parents

Negli ultimi giorni, i fatti di cronaca che coinvolgono giovani ragazzi e ragazze hanno scosso profondamente l’opinione pubblica. Atti di violenza, bullismo, vandalismo e comportamenti sempre più estremi sono diventati una realtà che ci interroga sulla direzione che la nostra società sta prendendo. A colpire, non è solo la gravità degli episodi, ma anche la giovane età di chi ne è protagonista. Una generazione che sembra essere sempre più distante dai valori della comunità, incapace di gestire le proprie emozioni e di comprendere le conseguenze delle proprie azioni.

La trasmissione televisiva 8 e mezzo, condotta da Lilli Gruber, ha sollevato una questione di primaria importanza: la necessità di educare i genitori. Un tema che, purtroppo, viene spesso trascurato, ma che, alla luce dei recenti eventi, non può più essere rimandato. Perché il problema non è solo dei ragazzi, ma anche e soprattutto degli adulti che li accompagnano nel loro percorso di crescita.

La crisi educativa che stiamo vivendo non può essere ridotta alla sola scuola o ai comportamenti individuali dei giovani. La famiglia, luogo privilegiato di formazione dei valori, della responsabilità e dell’empatia, sembra essere in difficoltà. Troppo spesso i genitori delegano l’educazione emotiva e sociale dei figli a figure esterne – insegnanti, allenatori, educatori – senza assumersi la piena responsabilità del loro ruolo educativo. Ma un adolescente che non ha imparato a gestire la frustrazione, che non ha interiorizzato il concetto di rispetto per gli altri, che non sa affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza, è figlio di un vuoto educativo che non può essere colmato da nessuna scuola o istituzione.

Massimo Recalcati, psicoanalista e uno dei maggiori esperti di educazione in Italia, ha più volte sottolineato come oggi ci troviamo di fronte a una generazione di genitori che ha smarrito la propria autorità. In uno dei suoi interventi più significativi, ha affermato: “Non esiste educazione senza limite. Il problema è che oggi abbiamo smarrito la capacità di fare limite ai nostri figli, perché siamo diventati genitori che temono il conflitto” (Massimo Recalcati, Il complesso di Telemaco). Questa “mancanza di limite” è una delle cause profonde della violenza e del disagio giovanile: se non si insegna ai ragazzi a confrontarsi con i propri limiti, non possono imparare a rispettare quelli degli altri.

Ciò che emerge, in modo preoccupante, è la necessità di un cambio di mentalità che coinvolga non solo la scuola e le istituzioni, ma anche la famiglia, il cuore pulsante dell'educazione. I genitori devono essere educati a educare, devono acquisire strumenti per comprendere le sfide che i loro figli devono affrontare quotidianamente, soprattutto in un’epoca in cui i social media e la cultura della visibilità, della popolarità e del successo immediato sembrano dettare legge.

È urgente che vengano promossi percorsi formativi rivolti ai genitori, che li aiutino a comprendere come interagire emotivamente con i propri figli, come ascoltarli e, soprattutto, come insegnare loro a rispettare gli altri, a convivere pacificamente e a risolvere i conflitti senza ricorrere alla violenza.

Anche Papa Francesco, nella sua esortazione apostolica Amoris Laetitia, ha parlato dell'importanza della responsabilità educativa dei genitori, invitando a un “ascolto attento e continuo” delle necessità dei figli, soprattutto nei momenti di difficoltà. Il Papa ha affermato: “I genitori sono i primi e principali educatori dei figli. La loro parola e il loro esempio sono determinanti nel trasmettere il senso della vita, il valore delle scelte, il significato delle relazioni”. Questo richiamo alla responsabilità educativa non può essere più ignorato: educare i figli non è solo una questione di trasmettere conoscenze, ma di formarli come persone in grado di vivere in armonia con gli altri e di rispettare la dignità di ogni individuo.

Non possiamo, però, dimenticare che la responsabilità educativa non è solo dei genitori. La società intera è chiamata a un impegno concreto. Gli adulti in generale – dai maestri agli allenatori, dai dirigenti scolastici agli educatori sociali – devono essere coinvolti in un dialogo costante con le famiglie, per costruire insieme una rete educativa che sia in grado di prevenire il disagio giovanile. La politica deve fare la sua parte, mettendo in campo risorse per supportare famiglie e scuole, creando strutture di ascolto e supporto, promuovendo campagne di sensibilizzazione che facciano emergere il valore di una società inclusiva e rispettosa.

Come sottolineato dal sociologo Pierpaolo Donati, “la comunità educante non è solo la famiglia, ma un’intera rete sociale che deve prendersi cura dei giovani, dando loro modelli di comportamento positivi e spazi per esprimersi in modo sano”. Una riflessione che ci richiama alla necessità di un impegno collettivo, perché il benessere e la crescita dei ragazzi non dipendono esclusivamente dai genitori, ma da tutta la società.

Alla luce degli episodi violenti e gravi che stiamo vivendo, l’educazione dei genitori non può più essere un tema marginale. Non basta dire che i giovani devono essere educati, bisogna agire concretamente per supportare le famiglie, fornendo loro gli strumenti necessari per crescere figli consapevoli, rispettosi, in grado di affrontare la vita senza ricorrere alla violenza. È una responsabilità che non possiamo più rimandare, perché solo un’educazione integrata e condivisa può fermare la spirale di violenza e disagio che sembra avvolgere sempre più i nostri ragazzi.

piero.minuzzo@gmail.com

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