Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) è uno degli strumenti più significativi per la digitalizzazione del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), poiché facilita l'accesso dei cittadini ai servizi sanitari e consente ai professionisti sanitari di consultare in tempo reale i dati sanitari dei pazienti. Tuttavia, l'analisi dei dati relativi alla diffusione e all'uso del FSE evidenzia forti disparità tra le diverse regioni italiane, creando una vera e propria "frattura digitale" che impatta sull'efficacia e sull'efficienza del sistema sanitario nazionale.
Il report della Fondazione GIMBE sottolinea che, sebbene l'adozione del FSE sia in continua crescita, ci sono notevoli differenze in termini di disponibilità di servizi, numero di cittadini che hanno espresso il consenso alla consultazione dei propri dati, e il livello di utilizzo da parte dei medici. Ad esempio, la regione Lazio si distingue positivamente, occupando la posizione di vertice per la completezza del fascicolo, con tutti i 16 documenti previsti nel FSE, e per la disponibilità dei servizi, che raggiunge il 67%. In questa regione, però, solo l'8% dei cittadini ha fornito il consenso alla consultazione dei propri dati, un dato comunque superiore alla media nazionale del 41%.
Al contrario, alcune regioni meridionali mostrano un utilizzo molto limitato del FSE. In Abruzzo, Calabria, Campania e Molise, solo l'1% dei cittadini ha dato il consenso per l'accesso ai propri dati sanitari, con percentuali di utilizzo tra i cittadini che non superano il 2%. In queste regioni, la disponibilità di documenti nel FSE è relativamente buona (tra il 75% e l'88%), ma i servizi restano molto limitati. Questo fenomeno riflette una mancata integrazione del sistema, dove i medici di medicina generale mostrano una maggiore adesione all’utilizzo del FSE (seppur inferiore alla media nazionale del 94%), ma i medici specialisti non sono ancora in grado di utilizzare appieno lo strumento.
Le disparità regionali non si limitano alla partecipazione dei cittadini o alla disponibilità dei servizi, ma riguardano anche il coinvolgimento dei medici. In molte regioni, tra cui il Lazio e l'Emilia-Romagna, la totalità dei medici di medicina generale ha compiuto almeno un'operazione sul FSE, mentre in altre, come in Liguria e Marche, le percentuali sono significativamente inferiori. Le stesse disomogeneità si osservano anche nella formazione e nell’abilitazione dei medici specialisti, con alcuni territori che faticano a garantire un accesso uniforme e tempestivo alle funzionalità del FSE.
I dati sono ancora più significativi se si considerano le regioni più virtuose. L'Emilia-Romagna, ad esempio, ha raggiunto il 89% di consenso alla consultazione e ha una percentuale di utilizzo tra i cittadini pari al 39%, ben al di sopra della media nazionale del 18%. Tuttavia, anche in questa regione esistono margini di miglioramento, soprattutto nell'ambito dell'integrazione tra i vari attori del sistema sanitario, come i medici specialisti.
In sintesi, l'analisi di GIMBE evidenzia una grande disparità nell'implementazione del FSE, che riflette la variabilità nelle politiche regionali, nelle risorse disponibili e nell'efficacia delle iniziative di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza e ai professionisti del settore sanitario. Per un'efficace digitalizzazione del SSN e per ridurre queste disuguaglianze, sarà necessario un intervento coordinato che coinvolga tutte le regioni, con l'obiettivo di garantire a tutti i cittadini e professionisti la stessa qualità dei servizi sanitari e il medesimo accesso alle tecnologie digitali.
La Valle d'Aosta si trova in una posizione intermedia nella panoramica nazionale sullo stato del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), con alcune aree di eccellenza e altre che ancora necessitano di sviluppi significativi.
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