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FEDE E RELIGIONI | 17 novembre 2024, 09:00

VANGELO DELLA DOMENICA: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno

Un giorno l'Abba Macario, passando di ritorno dalla palude nella sua cella, recava con sé dei rami di palma

VANGELO DELLA DOMENICA: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno

La liturgia di questa domenica, i cui accenti già preludono al Tempo dell'Avvento imminente, è soffusa di speranza e di consolazione, velate alquanto da un linguaggio apocalittico. “Dopo quella tribolazione” – così inizia il Vangelo – viene descritto lo svolgimento di una catastrofe cosmica.

È come dire che è in atto un evento divino. Su tutto prevale la consapevolezza e la speranza che l'avvenimento decisivo, il senso ultimo della nostra vita e di quella dell'intera umanità, non siano ancora perfettamente avverati, ma stanno per esserlo, in relazione alla venuta del Figlio dell'uomo. La grande notizia del Vangelo è che Gesù si è offerto per la salvezza di tutti.

In lui, le promesse di Dio si sono compiute. Così si offre allo sguardo degli eletti la figura vittoriosa di Cristo: “Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria”. I segni della morte non ci sono più; Cristo ritorna vincitore. Ecco la novità che è stata preparata per coloro che hanno saputo affrontare la battaglia della fede, resistere alla seduzione dei falsi profeti, rimanendo tenacemente ancorati alla parola di Cristo e soffrendo per la causa del Vangelo. “Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti”. Il tempo della prova avrà fine. La speranza dei credenti è rivolta verso questa grande liberazione.

Vengono indicati i segni: “Quando il fico mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina”, ossia l’avverarsi di questi eventi. Gesù non si interessa delle date. Ciò che importa è la certezza della sua venuta finale e la necessità della perseveranza nel bene. Per questa sua venuta gloriosa, Gesù impegna se stesso con una solenne affermazione: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Impegniamoci nel fluire del tempo, sapendo di essere costruttori della storia della salvezza, insieme con Cristo.

Apoftegmi - Detti dei Padri

Un giorno l'Abba Macario, passando di ritorno dalla palude nella sua cella, recava con sé dei rami di palma. Ed ecco, per la strada, gli venne incontro il diavolo con una falce per la mietitura. Lo avrebbe voluto colpire con quella falce, ma non ci riuscì e gli disse: "O Macario, da te subisco grande violenza, perché non posso avere la meglio su di te. Infatti, qualsiasi cosa tu faccia, la faccio anch'io: digiuni, e anch'io non mangio affatto; vegli, e anch'io non dormo affatto. C'è una sola cosa in cui mi sei superiore". L'Abate Macario chiese: "Quale?" Il diavolo rispose: "La tua umiltà, a causa della quale non riesco ad avere la meglio su di te".

Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

Vesti e calzature dei fratelli

Quando si ricevono indumenti nuovi, si restituiscano sempre quelli usati, da conservare nel guardaroba per i poveri. Devono bastare, infatti, al monaco due cocolle e due tuniche, sia per avere il cambio la notte, sia per poterle lavare; il di più è superfluo e deve essere tolto. Anche le calze e ogni altra cosa usata devono essere restituite quando ne ricevono di nuove. Quelli che si mettono in viaggio prendano i femorali dal guardaroba e, al ritorno, li restituiscano lavati. Le cocolle e le tuniche per il viaggio siano un po' più buone di quelle che ordinariamente usano; le prendano dal guardaroba quando partono e ve le ripongano quando tornano.

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