FEDE E RELIGIONI - 07 novembre 2024, 08:00

PAPA: quando preghiamo facciamolo col cuore, non “come i pappagalli”

Nella catechesi di oggi in piazza San Pietro, Francesco prosegue il ciclo sullo Spirito Santo e si concentra sulla preghiera, che "non è l’uomo che da un capo del telefono parla a Dio": importante è farlo in modo spontaneo, “da figli, con libertà”, e non solo “con le labbra”

Lorena Leonardi - Città del Vaticano

“La preghiera cristiana non è l’uomo che da un capo del telefono parla a Dio all’altro capo, no, è Dio che prega in noi! Preghiamo Dio per mezzo di Dio. Pregare è mettersi dentro di Dio e che Dio entri dentro di noi” e, così, lo Spirito Santo non solo “intercede per noi, ma ci insegna anche a intercedere, a nostra volta, per i fratelli”.

Papa Francesco prosegue il ciclo di catechesi sullo Spirito Santo e la Chiesa e, dopo avere scandagliato precedentemente come l’azione santificatrice si esplica attraverso la Parola di Dio e i Sacramenti, nell’udienza di oggi, 6 novembre, si sofferma sul rapporto tra Spirito Santo e preghiera.

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Pregare da figli, con libertà

La preghiera cristiana, dunque, della quale lo Spirito Santo è nello stesso tempo “soggetto” e “oggetto”: “Noi preghiamo per ricevere lo Spirito Santo - spiega Francesco rivolgendosi ai fedeli scaldati in Piazza San Pietro da un dolce sole di novembre - e riceviamo lo Spirito Santo per poter pregare veramente, cioè da figli di Dio, non da schiavi”. Per farlo, è necessario “pregare sempre con libertà”, senza pensare “oggi devo pregare questo, questo, questo, questo, perché io ho promesso questo, questo, questo, al contrario, andrò all’inferno”.

La preghiera è libera. Tu preghi quando lo Spirito ti aiuta a pregare. Tu preghi quando senti nel cuore il bisogno di pregare e quando non senti nulla fermati e domandati: “Perché non sento io la voglia di pregare? Cosa succede nella mia vita?”. Ma sempre, la spontaneità nella preghiera è quello che ci aiuta di più. Questo vuol dire pregare da figli, non da schiavi.

Invocato, lo Spirito arriva sempre

Prima di tutto, chiarisce il Papa, “dobbiamo pregare per ricevere lo Spirito Santo” - lo riceveremo, come succede ai “piccolini” ai quali ognuno di noi sa dare cose buone - e ricorda in proposito che “nel Nuovo Testamento vediamo lo Spirito Santo discendere sempre durante la preghiera”: su Gesù nel battesimo al Giordano, mentre “stava in preghiera”, a Pentecoste sui discepoli, mentre “erano perseveranti e concordi nella preghiera”.

Quello della preghiera è l’unico “potere”, prosegue Francesco, “che abbiamo sullo Spirito di Dio” - “preghiamo e viene” - e rievoca quando, sul Monte Carmelo, i falsi profeti di Baal si agitavano per invocare il fuoco dal cielo sul loro sacrificio, ma non accadde nulla, finché Elia non si mise in preghiera e il fuoco scese e consumò l’olocausto.

La Chiesa segue fedelmente questo esempio: ha sempre sulla bocca l’implorazione “Vieni! Vieni!” allo Spirito Santo, “Vieni” ogni volta che si rivolge allo Spirito Santo. E lo fa soprattutto nella Messa perché discenda come rugiada e santifichi il pane e il vino per il sacrificio eucaristico.

Imparare ogni giorno a pregare

Dunque il secondo aspetto evidenziato dal Pontefice, “il più importante e incoraggiante per noi: lo Spirito Santo è Colui che ci dona la vera preghiera”, e cita San Paolo quando dice che “lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; tante volte non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili”.

È vero, riflette Francesco, “noi non sappiamo pregare”, dobbiamo “imparare ogni giorno” a farlo. Ripete allora un detto “facile da ricordare, anche per chi non sa di latino”, che vale la pena tenere a mente, "perché da solo contiene un intero trattato”: “Noi esseri umani, diceva quel detto, ‘mali, mala, male petimus’, che vuol dire: essendo cattivi (mali), chiediamo cose sbagliate (mala) e in modo sbagliato (male)”.

Gesù dice: “Cercate prima il regno di Dio e il resto vi sarà dato in sovrappiù”, noi invece cerchiamo prima di tutto il sovrappiù, cioè i nostri interessi - tante volte, eh - e ci dimentichiamo del tutto di chiedere il regno di Dio.

Lo Spirito Santo, avvocato e difensore

Ecco che lo Spirito Santo viene “in soccorso della nostra debolezza”: attestandoci che “siamo figli di Dio”, “mette sulle nostre labbra il grido: “Padre!’. Noi non possiamo dire “Padre, Abba”, non possiamo dire ‘Padre’ senza la forza dello Spirito Santo”. Nella preghiera, in modo particolare, lo Spirito Santo si rivela come “paraclito”, ossia “avvocato e difensore”.

Non ci accusa davanti al Padre, ma ci difende. Sì, ci difende, ci convince del fatto che siamo peccatori, ma lo fa per poterci far gustare la gioia della misericordia del Padre, non per distruggerci con sterili sensi di colpa. Anche quando il nostro cuore ci rimprovera di qualcosa, Egli ci ricorda che “Dio è più grande del nostro cuore”.

La grammatica di Dio

Ma non solo, aggiunge il Papa a braccio, “Dio è più grande del nostro peccato”. E se qualcuno ha tanta paura “per le cose che ha fatto”, di “essere rimproverato da Dio” e “non riesce a trovare pace”, il consiglio di Francesco è: “Mettiti in preghiera, chiama lo Spirito Santo, e Lui ti insegnerà come chiedere perdono”.

E sapete una cosa? Dio non sa molta grammatica e quando noi chiediamo perdono, non ci lascia finire! “Per …” e lì, non ci lascia finire la parola perdono.  Ci perdona prima, ci perdona sempre, è sempre accanto a noi per perdonarci, prima che noi finiamo la parola perdono. Diciamo “Per …” e il Padre ci perdona sempre.

Preghiera di intercessione, la più gratuita e disinteressata

Così lo Spirito Santo non solo “intercede per noi”, ma ci insegna a farlo per gli altri con la preghiera di intercessione, che è particolarmente gradita a Dio “perché è la più gratuita e disinteressata”. Infatti, “quando ognuno prega per tutti, avviene - lo diceva Sant’Ambrogio - che tutti pregano per ognuno” e “la preghiera si moltiplica”: pregare “per questa persona, pregare per quel malato, per quello che è in carcere, pregare …, pregare per la suocera pure”, scherza Francesco.

Infine, il Papa assegna “un compito tanto prezioso e necessario nella Chiesa”, in particolare in questo tempo di preparazione al Giubileo: “unirci al Paraclito” che “intercede per tutti noi per i disegni di Dio”. Ma, ammonisce, “non pregare come i pappagalli, per favore! Non dire ‘Bla, bla, bla …’ No. Di’ ‘Signore’, ma dillo con il cuore. ‘Aiutami Signore’, ‘Ti voglio bene Signore’. E quando pregate il Padre Nostro, pregate ‘Padre, Tu sei il mio Padre’. Pregate con il cuore e non le labbra”.