In 100 anni la cultura del risparmio, da sempre fortissima nel nostro Paese, si è molto trasformata. I dati dell’ultima indagine condotta da Acri e Ipsos in vista della 100ma Giornata del Risparmio che si terrà il 31 ottobre, e presentata questa mattina nel corso di una conferenza stampa, mostra che oggi, le priorità di risparmio riflettono un cambiamento nei bisogni e nei desideri soprattutto a livello generazionale.
Per il 38% degli italiani, il risparmio è considerato principalmente come una necessità per garantire tranquillità e stabilità economica, specie dai più maturi, ma anche come un’opportunità per raggiungere specifici obiettivi.
I più maturi (Boomers e Gen X) tendono a risparmiare principalmente per far fronte a un futuro incerto, concentrandosi su spese impreviste, al rischio di spese mediche (rispettivamente 61% e 50%) e per raggiungere la sicurezza finanziaria. Al contrario, i giovani sembrano più orientati al presente, risparmiano per permettersi viaggi e svaghi (Gen Z pari all’28%; Millennials pari al 29%).
I giovani della Generazione Z e i Millennials sono consapevoli di avere priorità e obiettivi di risparmio differenti da quelli dei loro genitori, (lo dichiarano rispettivamente il 63% e il 64% vs il 56% del totale) e seguono le loro priorità.
Quasi la metà delle famiglie italiane riesce a risparmiare (pari al 46% nel 2024 contro il 48% del 2023) e lo fa con meno ansie e preoccupazioni che in passato. Il 33% degli italiani, però, percepisce di avere una capacità di risparmio minore rispetto alle generazioni precedenti a causa delle condizioni macroeconomiche attuali, in particolare l’aumento del costo della vita (70%) e le condizioni lavorative contemporanee (60%), e per i cambiamenti negli stili di vita (60%).
Nel 2024 si è contratto di poco, rispetto al 2023, il livello di apertura all’investimento: il 34% dichiara di investire una parte dei risparmi rispetto al 36% nel 2023. Si mantiene pressoché stabile la propensione a spendere il denaro o a tenerlo a disposizione sul conto corrente che riguarda il 63% degli italiani (era il 62% nel 2023 e il 63% nel 2022).
Lo studio Acri-Ipsos evidenzia un miglioramento del tenore di vita delle famiglie, che si attesta su livelli superiori a quelli pre-pandemia (49% le famiglie che dichiarano un tenore di vita migliorato o più facile da mantenere vs 44% nel 2018). É il risultato del calo rispetto al 2023 di famiglie in forte difficoltà economica e della crescita delle famiglie che hanno registrato un miglioramento. I soddisfatti per la propria situazione economica salgono quindi dal 56% al 64%.
Le aspettative degli italiani riguardo al futuro appaiono orientate a dare molta fiducia alle capacità personali di affrontare la situazione (34% dichiara che la propria situazione migliorerà vs 15% che pensa che peggiorerà), rasserenati dall’aver gestito bene gli ultimi anni, e forti di un certo ottimismo sulla propria capacità di risparmio e di ricomposizione della spesa.
I soddisfatti per la propria situazione economica salgono quindi dal 56% al 64%. Dall’analisi si conferma un trend che già emerso negli anni passati: c’è una maggioranza del paese che, avendo l’abitudine di risparmiare e di modulare le proprie spese a seconda del ciclo economico, riesce a stare meglio o comunque a contenere gli effetti negativi degli aumenti dei prezzi (49%), complice anche il calo del costo dell’energia e dei tassi di interesse.
A questa si affianca una minoranza (17% delle famiglie italiane) che non riesce a uscire da una situazione di sopravvivenza o povertà, anche quando lavora, e si sente sempre più a rischio, non avendo più risorse cui attingere, o spese da ridurre. Il numero di individui in povertà si assesta ormai da diversi anni a 5,7 milioni, (poco meno di 1 italiano su 10) e che la povertà sale tra chi lavora “un effetto forse legato all’inflazione che ha colpito maggiormente chi non aveva possibilità di rivedere il proprio paniere di acquisto e alle condizioni contrattuali” si osserva. Il numero di famiglie in difficoltà lavorative è in leggero aumento, passando dal 15% nel 2023 al 17% nel 2024. Sono persone che in parte non trovano il lavoro auspicato, o che hanno avuto un peggioramento nelle proprie condizioni lavorative.