CULTURA - 14 ottobre 2024, 21:28

"Le scarpe di Angiolino" I desaparecidi di ieri

Federico Jahier, scrittore e ricercatore, riporta alla luce una vicenda sommessa e sommersa

Primela Miero appartiene a una famiglia contadina di Foresto di Bussoleno, in Val Susa. Giovanissimo, aderisce alla Resistenza, dopo aver strappato la lettera che gli imporrebbe di entrare nell'esercito della Repubblica di Salò. Una scelta che espone di fatto a gravi pericoli lui e tutto il nucleo a cui appartiene.

Ma le sofferenze, sue e dei suoi cari, non finiscono lì. Il 22 giugno 1944, Angiolino si reca a Mattie per procurare del burro al gruppo partigiano che lo riconosce come capo. Deviando per salutare la mamma, Vittoria, poco dopo viene arrestato dai nazifascisti e di fatto si perdono le sue tracce. È soprattutto la sorella Angiolina a cercarlo con amorevole dedizione, percorrendo lunghi tratti in bicicletta con qualsiasi tempo. Angiolino viene torturato all'albergo Nazionale, sede torinese della Gestapo, poi detenuto alle Nuove di Torino.

La sorella, come tantissime altre donne (mogli, madri, fidanzate), staziona inquieta poco distante, sperando di strappare notizie rassicuranti su un destino incerto. Riesce a fargli avere un paio di scarpe che il papà, Mario, ha rattoppato perché possa usarle. Poi si diffonde una voce: Angiolino è in un lager. In realtà, viene ucciso il 5 agosto 1944 in piazza a Villar Pellice, quindi sepolto in modo anonimo.

Angiolina e la famiglia, tuttavia, non si arrendono, proprio come coloro che, in epoche più recenti ma non meno buie, hanno cercato i desaparecidos in America Latina. Dopo due anni, mentre il tempo trascorre tra depistaggi, omertà e finte amicizie, Angiolino viene identificato grazie alle testimonianze giuste e alle scarpe che portava, aggiustate dal babbo con amore. Ha le gambe rotte, perché non si è rassegnato alla fucilazione. Ha tentato invano, con coraggio, la fuga. Con lui, è stato ucciso Willy Jervis, partigiano valdese e ingegnere presso la Olivetti, identificato grazie alla Bibbia che porta con sé. Le altre tre vittime di quella barbara esecuzione restano tuttora ignote.

Con la consueta professionalità, Federico Jahier, scrittore e ricercatore, riporta alla luce una vicenda sommessa e sommersa, raccontandoci con dolcezza e delicatezza una storia triste. Lo stile è chiaro, scorrevole, fitto di dialoghi e soffuso di speranza. Documenti, come l'ultima lettera di Angiolino, scritta prima di morire, e numerose fotografie completano il volume.

"Se il destino crudele troncasse la mia giovane vita, colui che leggerà queste pagine vada da mia madre a dirle che il suo Angiolino è morto da eroe e che non pianga, né lei né la mia famiglia. Vada dalla mia fidanzata e le dica che non l'ho mai tradita e che mai l'abbandonerò...."

"Le scarpe di Angiolino" è stampato da Graphot. Pag. 167. Euro 15.

edi Morini