Come nel resto d’Italia, anche la Valle d’Aosta sta affrontando il cambiamento climatico in atto: se in passato l’aumento delle temperature era stato salutato quasi con gioia, perché consentiva di ottenere maturazioni migliori su alcune tipologie autoctone, oggi la situazione pare creare più di qualche difficoltà per la viticoltura, in particolar modo nelle zone non raggiunte dall’irrigazione di soccorso.
A un 2022 bollente e siccitoso, ha fatto seguito un 2023 iniziato con alcune problematiche legate a un eccesso di precipitazioni e proseguito poi con temperature fuori dall’ordinario. Ne è venuta fuori, tuttavia, una vendemmia quasi “classica”, almeno stando agli assaggi svolti, che hanno messo in evidenza vini concentrati e dal profilo sapido molto incisivo. Questo 2024 è, invece, partito male dal punto di vista agronomico, con piogge costanti e temperature medie che hanno favorito il proliferare della peronospora e un aumento esponenziale degli interventi in vigna al fine di fermare la malattia, con conseguenti, ineludibili cali di produzione.
Sul fronte aziendale non ci sono particolari variazioni in termini quantitativi e si assiste a un lento ricambio generazionale; un passaggio che non sta invece avvenendo nelle cantine cooperative, che stanno fronteggiando il problema con strategie diversificate volte a non perdere il patrimonio vitato dei soci conferitori.
Continua il lento ma costante aumento della superficie vitata, focalizzata sui vitigni autoctoni, e finalmente arrivano tra gli assaggi i primi risultati del nebbiolo piantato nella media valle, con risultati di sicuro interesse e da monitorare ulteriormente in futuro. Insomma, dopo anni di crescita continua, a tratti esplosiva e quasi faticosa da seguire, sembra che la Valle d’Aosta abbia trovato un suo nuovo equilibrio.
Sarà importante capire come i vigneron reagiranno alle nuove sfide climatiche, dovendo necessariamente abbandonare il “si è sempre fatto così” e trovare soluzioni nuove, anche del tutto diverse rispetto al passato.