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Vite in ascesa | 27 settembre 2024, 08:00

FERRATA DI PEREDRETTE

A cura di Lodovico Marchisio e Roberta Maffiodo Foto di Walter Marchisio - hanno collaborato Veronica e Kayala Inghilleri

FERRATA DI PEREDRETTE

In genere la montagna in tutto il suo meraviglioso insieme dà e toglie, dona immense gioie e profondi dolori per chi rimane, avendo perso sulle sue alture chi aveva più caro. Bisogna prendere la montagna comunque sempre con grande prudenza, in particolare quando ci si spinge oltre l’escursionismo classico, su “Vie ferrate” per esempio, (qualunque sia il loro grado di difficoltà) perché esse vanno percorse con coscienza, ragione di causa, non privandoci però dell’adrenalina che esse ci regalano ma anche e soprattutto con tutta l’attrezzatura necessaria!

Annotazioni emozionali di una “neofita” (Roberta Maffiodo): Per me che ero con questa (dopo la ferrata di Pracatinat) alla seconda ferrata di un certo impegno, ho trovato questa via attrezzata non troppo facile in alcuni punti, anche se faccio i complimenti a chi l’ha ideata per averla protetta egregiamente. Ci sono però alcuni tratti con piccoli strapiombi che se uno è poco esperto, è meglio venga aiutato come ad esempio quando si scende con i gradini un leggero e breve salto oltre “la verticalità” con difficoltà per chi ha le gambe corte come me per arrivare da un gradino all’altro. Premetto che ho un ginocchio lesionato e mio marito ha superato se stesso, affrontando con successo questa ferrata col Parkinson (prove di montagna terapia) tanto che ha voluto compiere la variante finale valutata: Difficile, perché molto di braccia e sporgente sullo strapiombo con un vuoto assoluto di 300 metri che appare anche su un video girato da suo figlio e che ora è su You Tube, dal titolo: Storie di montagna: “Ferrata delle Peredrette”. Appare così evidente che nelle nostre condizioni ci siamo spinti questa volta ben oltre i nostri limiti. Aiutati però da suo figlio Walter, Veronica e la piccola Kayla, abbiamo concluso il percorso in 5 ore (nelle nostre condizioni) contro le 2,45 ore di salita e discesa, date dalla tabella di marcia. Infine (sempre come giudizio personale) ho trovato la via di discesa sul versante opposto indicata con la scritta “Albard di Donnas”, contrassegnata in giallo, che sembra sulle prime la più invitante, in realtà trae in inganno perché è molto faticosa e non banale, sempre a causa della stanchezza da noi accumulata in salita. 

La traccia scende tra canali di roccia, ove si nota il certosino lavoro dei montanari di un tempo che hanno intagliato e scavato con gradini in pietra quasi tutto il ripidissimo percorso. Abbiamo però commesso un errore di valutazione, che ci sentiamo in obbligo di segnalare perché chi ci legge non finisca sullo stesso percorso se non per sua scelta, in quanto c’erano altri due sentieri, sempre segnati in giallo con frecce ben evidenti, che scendono sullo stesso versante di salita evitando i salti rocciosi! Desidero a tal pro avvisare che, per chi come me non è ancora avvezza ai sentieri di difficoltà “EE”, se finisce per sbaglio o per scelta su quello da noi intrapreso per scendere, visto che i bivi da imboccare non sono poi così evidenti, di non togliersi l’imbragatura e portarsi con sé uno spezzone di 15/20 metri perché a circa due terzi del percorso (dopo essere transitati sotto le famose “Barme” che sono tetti di rocce sotto i quali vi sono ancora i resti di antiche costruzioni in pietra), ci si trova davanti a un masso da attraversare senza corda fissa, in diagonale verso sinistra (lato di discesa), con un salto di 20 metri sotto ai piedi per raggiungere 3 scalini in ferro che permettono poi di togliersi dai guai, ma qualcuno senza cordino di sicurezza potrebbe bloccarsi come è successo a me e sono scesa solo grazie al sostegno e aiuto di mio marito. In basso poi, ove il sentiero sempre ben marcato in giallo transita accanto a reti di sostegno a picco su un bacino fluviale, bisogna scendere alcuni scalini intagliati, tenendosi a un rudimentale tronco di sostegno, che permette di scendere definitivamente sulla strada romana delle Gallie con il suo caratteristico arco da cui si è partiti.

SCHEDA TECNICA:

Quota massima raggiunta: 615 m

NB: Questa Via Ferrata è composta di 10 settori.

ACCESSO Stradale: Donnas è raggiungibile in auto tramite la Strada Statale 26 (S.S. 26) oppure con l’autostrada Torino - Aosta (A5) (Il casello di Pont-Saint-Martin, per chi proviene dal Piemonte, è a 3 km. dal capoluogo; il casello di Verrès, per chi proviene da Aosta, dista circa 15 km.). Inoltre Donnas è collegato con autobus di linea sia con Torino che con Milano; è altresì provvisto di collegamento tramite la linea ferroviaria Torino-Ivrea-Aosta.

Scheda: ci siamo appoggiati (per essere più obiettivi) alla relazione di “Climbing Park Balteo”

Dislivello ferrata: 210 m

Difficoltà: PD

Orario: La ferrata è percorribile in circa 1 ora e 30 minuti (altri la danno in 2 ore al massimo)

Per la discesa prevedere 45 minuti (noi abbiamo impiegato 2 ore, ma non facciamo testo)

Partenza: da Donnas (grande parcheggio situato presso la “Strada Romana delle Gallie”)

Arrivo: a Donnas (prendere il sentiero indicato nel vallone di Prele, freccia galla (con cartello alla partenza e all’arrivo) indicata così: “Albard di  Donnas” questo non è però il più facile dei percorsi.

Accesso pedonale che conduce alla partenza della “Via Ferrata”: Dal parcheggio passare sotto il cavalcavia, girare a destra seguendo la strada Romana delle Gallie, raggiungere il borgo antico di Donnas, attraversarlo, superare un arco in pietra ed un ponticello e prendere a sinistra Via Jean Brean, passare il bivio per Pomerou e, dopo qualche decina di metri, prendere a sinistra la strada sterrata. Superato il bivio per la Falesia delle Ciliegia e Masso di Reisen, continuare per una decina di metri per poi prendere il sentiero nel bosco a sinistra. S’incontra poco oltre un bivio, prendere a sinistra e attraversando in leggera salita tra massi e barme, si raggiunge l’inizio della ferrata.

Itinerario (per essere obiettivi e non da nostre valutazioni personali di “invalidi”, l’abbiamo tratto da “Planet Mountain”): La Via Ferrata delle Peredrette risale lungo le dorsali di micascisti che si innalzano al di sopra dei terrazzi a vigneto di Pomerou e Reisen, mano a mano che si sale la vista si apre sull’intera valle, nell’ultimo tratto percorre una spettacolare lama di roccia a picco sulla Dora Baltea. Per i più audaci una breve variante regala un’emozione unica, spostandosi in parete e superando un breve risalto a strapiombo sul vuoto più assoluto. Poco prima del termine della Via Ferrata si trova il libro di via virtuale, leggendo con lo smartphone il QR code ci si può connettere alla pagina web per registrare il passaggio. La ferrata termina su uno spettacolare balcone naturale tra piccole pozze di erosione scavate nella roccia.

Discesa: Al rientro si seguono i segni gialli a frecce che indicano il sentiero che scende nel Vallone di Prele tra castagni, grandi massi e le caratteristiche “barme” (tetti di roccia). Vedi anche le annotazioni iniziali di R. Maffiodo (sempre utili e particolareggiate) per i“neofiti” che affrontano come lei per la prima volta questi percorsi e che vi consiglia di seguire altri sentieri di discesa ben spiegati sulla sua relazione di inizio articolo.

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