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Chez Nous | 21 settembre 2024, 08:05

Repressione di Stato fine dei Diritti

Un messaggio che ho ricevuto ieri da una lettrice deve far riflettere tutti

Repressione di Stato fine dei Diritti

Pochi minuti fa la camera dei deputati ha approvato a larghissima maggioranza il Ddl 1660, col quale senza troppi giri di parole, si istituisce in Italia lo stato di polizia.
🔴 Il blocco stradale e quindi gli scioperi diventano reato penale con condanne fino a 2 anni di carcere;
🔴 le proteste in carcere o nei Cpr possono essere punite col carcere fino a 20 anni;
🔴 idem per chi protesta contro le grandi opere;
🔴 Anche la "propaganda" delle lotte è punibile fino a 6 anni, essendo considerata "terrorismo della parola";
🔴carcere fino a 7 anni per chi occupa una casa sfitta o solidarizza con le occupazioni;
🔴 Fino a 15 anni per resistenza attiva
🔴 Fino a 4 anni per resistenza passiva (nuovo reato, ribattezzato "anti-Ghandi")
🔴 Facoltà per forze dell'ordine di detenere una seconda arma personale al di fuori di quella di ordinanza e al di fuori del servizio.
🔴 Carcere immediato anche per le madri incinte o con figli di età inferiore a un anno
🔴 Dulcis in fundo, si vieta agli immigrati senza permesso di soggiorno finanche l'uso del cellulare, vincolando l'acquisto della SIM al possesso del permesso.
Ora aspettiamo il passaggio in Senato.
Tutto ciò non è accettabile chiedo massima diffusione.

Aurora Lessi

Il DDL 1660 approvato ieri dalla Camera dei deputati, è un attacco frontale ai diritti fondamentali e alla libertà dei cittadini. Con una violenza istituzionale senza precedenti, il governo ha scelto la repressione come unica risposta alle sfide sociali e alle istanze di cambiamento. Non si può girare intorno: questo decreto, votato a larghissima maggioranza, rappresenta la trasformazione dell’Italia in uno stato di polizia.

Non ci si può nascondere dietro le solite giustificazioni di “sicurezza”. Qui non si parla di proteggere i cittadini, ma di schiacciare il dissenso. Trasformare il blocco stradale o gli scioperi in reato penale, punendo con due anni di carcere chi osa difendere i propri diritti sul posto di lavoro, significa criminalizzare l’unica forma di protesta rimasta ai lavoratori. È un attacco alle conquiste storiche dei movimenti operai e a chiunque osi alzare la testa contro le disuguaglianze.

Non solo. Punire le proteste in carcere o nei CPR con pene fino a 20 anni dimostra la volontà del governo di insabbiare le condizioni disumane all'interno di queste strutture, silenziando con il carcere chi denuncia abusi e maltrattamenti. Lo stesso destino tocca a chi si oppone alle grandi opere, al saccheggio dei territori. Il messaggio è chiaro: chi si ribella a un sistema ingiusto deve essere annientato.

E non si ferma qui. Anche la propaganda delle lotte – quella che il governo chiama “terrorismo della parola” – sarà punibile fino a 6 anni di carcere. Questa è censura di Stato. È repressione contro chi, attraverso la parola, cerca di difendere la giustizia sociale. Si stanno distruggendo la libertà di espressione, il diritto alla critica, persino il diritto a immaginare un mondo diverso.

Non è accettabile nemmeno la criminalizzazione di chi occupa case sfitte o solidarizza con gli occupanti. Parliamo di persone che cercano un tetto sotto cui vivere, in un paese dove il diritto alla casa è calpestato quotidianamente. La risposta dello Stato? Fino a 7 anni di carcere. E se si osa opporre resistenza attiva o passiva alle forze dell'ordine, si rischiano pene di 15 e 4 anni rispettivamente. Il reato di “resistenza passiva” ribattezzato cinicamente “anti-Gandhi” è un insulto non solo alla memoria di chi ha lottato per la pace, ma anche alla nostra intelligenza. Questo governo ha paura persino della non-violenza.

Il Ddl concede inoltre alle forze dell'ordine la facoltà di detenere una seconda arma personale anche fuori servizio. Questa è una licenza di intimidazione, che aumenterà la pericolosità degli abusi di potere. Come se non bastasse, il carcere sarà immediato anche per le madri incinte o con figli piccoli: una crudeltà che fa venire i brividi. A rendere tutto più assurdo e disumano, si vieta agli immigrati senza permesso di soggiorno persino l'uso del cellulare, vincolando l'acquisto della SIM al possesso di documenti. Qui non si tratta di sicurezza, ma di discriminazione pura e semplice.

Il Senato dovrà ora esaminare il provvedimento, ma il segnale è già allarmante. Con questo disegno di legge, si stanno costruendo le fondamenta di un regime autoritario, che mira a soffocare ogni forma di opposizione sociale. È il momento di reagire, di mobilitarsi contro queste politiche liberticide, prima che il dissenso venga sepolto sotto la repressione e il silenzio forzato di un governo che ha smesso di ascoltare i propri cittadini.

 

piero.minuzo@gmail.com

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