CRONACA - 16 settembre 2024, 20:12

Morire di Lavoro nel 2024, la sicurezza è solo una promessa vuota

Un altro operaio morto in Valle d’Aosta, schiacciato durante la manutenzione di una funivia. Nonostante le promesse di investimenti sulla sicurezza, Stefano Rabaglio è la quarta vittima sul lavoro dall'inizio dell'anno. La realtà è chiara: di sicurezza si parla troppo e si fa troppo poco, mentre le vite dei lavoratori vengono sacrificate all'altare della superficialità e delle omissioni

Foto repertorio

Dura presa di posizione di Cgil e Filt VdA per l'ennesima tragedia sul lavoro, avvenuta a Gressoney-La-Trinité, riaccende drammaticamente i riflettori sulla questione della sicurezza sui luoghi di lavoro in Valle d’Aosta. Stefano Rabaglio, un operaio di 51 anni e assessore comunale di Issime, ha perso la vita mentre stava effettuando manutenzione sulla funivia Stafal-Sant'Anna, gestita dalla Monterosa Spa. Nonostante gli immediati interventi del 118, del Soccorso alpino valdostano e delle forze dell'ordine, per l’uomo non c'è stato nulla da fare. La dinamica dell’incidente è ancora oggetto di indagini, ma sembra che Rabaglio sia rimasto schiacciato dal carrello della manutenzione e dal distanziatore della funivia.

Questi eventi tragici sono ormai una costante preoccupante. Si parla di "fatalità" quando un operaio muore, ma dietro ogni incidente si nascondono falle strutturali, mancanze e superficialità nel garantire la sicurezza. L'amministratore delegato della Monterosa Spa, Giorgio Munari, ha dichiarato: "Noi investiamo tantissimo nella sicurezza, ma quando accadono queste cose ti interroghi su cosa potevi fare di più". Una frase che lascia il tempo che trova, se consideriamo che la sicurezza dovrebbe essere garantita con ogni mezzo, senza lasciare margini a incidenti di questo tipo.

Le dichiarazioni dell'azienda, che pur investendo sulla sicurezza si trova a fronteggiare una tragedia simile, suonano vuote di fronte a una realtà troppo dolorosa: da inizio anno, in Valle d'Aosta, Stefano Rabaglio è la quarta vittima di incidenti sul lavoro. La CGIL e la Filt Cgil Valle d'Aosta sono state esplicite nella loro denuncia: "Di lavoro si vive, non si deve morire". Questa semplice verità, che dovrebbe essere il principio cardine di ogni attività lavorativa, sembra però diventata una chimera, con la sicurezza sul lavoro troppo spesso trattata come un costo da ridurre e non come un investimento necessario. Quattro morti sul lavoro in meno di un anno non possono essere accettati con fatalismo.

La situazione, in particolare, assume contorni ancor più gravi considerando il contesto di lavori ad alta pericolosità come quelli legati alla manutenzione degli impianti di risalita. La Filt Cgil Valle d'Aosta ha evidenziato come questa categoria di lavoratori non sia inclusa tra le attività usuranti, nonostante la loro evidente esposizione al rischio. Questa omissione normativa rappresenta un punto cruciale della vicenda, dimostrando come la sicurezza e il benessere dei lavoratori siano spesso subordinati a logiche burocratiche o economiche, che non tengono conto delle reali condizioni operative.

Stefano Rabaglio era un uomo di 51 anni, con una famiglia che ora piange una perdita devastante: una moglie e tre figli. Questo dramma umano si inserisce in una più ampia riflessione sulla gestione del lavoro in Italia, dove l'idea di una "routine" lavorativa sembra giustificare la mancanza di misure preventive sufficienti. La manutenzione, per quanto considerata un'operazione ordinaria, non è mai priva di rischi, e proprio per questo dovrebbero essere adottate tutte le cautele possibili.

Certo, è in corso un'indagine per chiarire le esatte dinamiche dell’incidente, e in attesa dei risultati non è possibile avanzare accuse specifiche. Tuttavia, il dato rimane: morire sul lavoro nel 2024, in un contesto dove le normative di sicurezza esistono e dovrebbero essere rispettate, è semplicemente inaccettabile. Gli investimenti dichiarati dalle aziende devono tradursi in azioni concrete che garantiscano la vita dei dipendenti, non solo in dichiarazioni formali dopo che una tragedia è già avvenuta.

Le parole della Cgil e della Filt sono forti e giustificate: non si può continuare a contare morti sul lavoro senza agire. Le famiglie distrutte da queste tragedie meritano risposte e soprattutto azioni. Le indagini potranno chiarire le circostanze specifiche della morte di Rabaglio, ma l’unico modo per evitare che simili tragedie si ripetano è un impegno reale e continuo nella prevenzione.

Questo non è solo un appello al rispetto delle normative esistenti, ma un richiamo urgente a rivedere e potenziare tutto il sistema di sicurezza sul lavoro. Le vite umane non possono essere considerate sacrificabili.

pi.mi.