Ricordo che era un tardo pomeriggio di giugno di qualche anno fa quando Fabrizio mi ha telefonato per raccontarmi del suo progetto.
Nel corso della lunga telefonata, sbalordito da quanto mi stava raccontando, non facevo altro che annuire senza osare aggiungere alcuna parola o formulare qualsiasi domanda alle sue dettagliate descrizioni. Il progetto riguardava una camminata in diverse tappe di ciascuna delle quali mi esponeva con precisione i dislivelli e le lunghezze, i luoghi di sosta e le criticità. Al telefono, pur nella pacatezza che lo contraddistingue, Fabrizio trasmetteva grande entusiasmo ed ascoltandolo parlare avvertivo che la narrazione di quella sua escursione era molto di più di un cammino impegnativo: era la storia di un viaggio interiore.
Quando al termine della telefonata gli ho chiesto quando avrebbe avuto intenzione di partire lui mi ha risposto, gelandomi:” Domani mattina”. Ricordo bene che in quel momento ho guardato fuori dalla veranda: pioveva a dirotto da tutto il giorno e così sarebbe accaduto anche domani e forse anche dopo. Non ho osato dirglielo ma la sua annunciata partenza con questo tempo inclemente mi sembrava una follia.
Il mattino dopo Fabrizio è davvero partito da Mergozzo sotto un'acqua ruscellante con sulle spalle uno zaino di venti chili ed in compagnia di un bastone trovato per caso proprio lì, nella cunetta a bordo strada dove l’autobus dal quale era sceso faceva fermata.
In salita dal Lago di Mergozzo alla Colma di Vercio (ph. F. Ravezzani)
Al telefono mi aveva detto che la sua unica preoccupazione nell’affrontare la traversata sarebbe stata la chiusura dei bivacchi. Era la famigerata epoca del Covid nella quale tra un DPCM restrittivo e l’altro, era stato deciso di sigillare persino gli accessi ai bivacchi ed a quei ricoveri di fortuna spersi in mezzo alle vallate o sotto le precipiti pareti delle montagne dove si era sempre respirato solo aria fina e libertà. Questo improvvido provvedimento lo avrebbe pertanto costretto a bivaccare all’aperto o “di sfroso” in qualche fienile risparmiato dalla mannaia di un Governo nel panico. L’alternativa sarebbe stata attendere la fine della pandemia ma la necessità di quel viaggio, meditato da tempo, non consentiva altre attese.
Il giorno dopo, mentre l’amico iniziava il suo faticoso viaggio sotto la pioggia me ne stavo comodamente al riparo della mia veranda riflettendo su quell’inaspettata iniziativa classificandola, con un fin troppa superficialità, assurda, azzardata e pericolosa. Eppure sapevo che l’amico non era alle prime armi in fatto di cammini. Che sapessi io, sulle spalle poteva infatti contare almeno il Cammino di Santiago de Compostela e l'itinerario francescano da La Verna ad Assisi; cammini effettuati rigorosamente in solitaria.
“Camminare da soli “– mi diceva – “è un modo pratico per esplorarsi, conoscersi e rispettarsi. In fondo camminare soli con sé stessi non è che una forma di meditazione e dato l'impegno fisico che richiede, rientra tra le meditazioni di tipo attivo. Addirittura “– aggiungeva “il camminar solingo, poteva coincidere con la ricerca delle proprie origini”
La Val Pogallo verso Sud (ph. F. Ravezzani)
E proprio questa spinta verso la nascita, “la sua origine”, nel senso più platonico del termine che, mi spiegò lungamente al suo ritorno, l'ha spinto, in quel giugno del 2020, a ripercorrere attraverso le montagne il corso di un fiume controcorrente, a ritroso cioè dalla sua foce alla sua sorgente, alla sua origine. Quella del fiume. Ma, forse, anche alla sua, quella di Fabrizio.
Il fiume interessato è il Toce, il corso d’acqua che traccia col suo millenario scorrere turbolento la storia dell'Ossola e delle sue valli tributarie e che come un cordone ombelicale unisce il Lago Maggiore, nel quale confluisce, al suo luogo natio, il Griespass sul confine elvetico. Un viaggio a ritroso quello che l’amico Fabrizio ha voluto compiere come un contemporaneo Benjamin Button.
Quel progetto dopo la prima fase di sorpresa e di timore per la pericolosità oggettiva che la traversata poneva (avventurarsi in Val Grande in solitaria non è esperienza per chi ha cuore e gambe deboli…), ha poi finito per coinvolgermi emotivamente non fosse altro perché quel suo modo di camminare nella natura in solitudine è anche il mio: non sono forse anch’io uno strenuo difensore della meditazione camminata alla Rousseau? Non sono forse anch’io un seguace peripatetico? Non sono forse anch’io innamorato delle cime dei monti imperturbabili, silenti e solitari?
E così, questa idea di attraversare in solitaria luoghi ostili considerata inizialmente assurda nei giorni a seguire ho cominciato a leggerla, vederla, interpretarla e valutarla allargando lo sguardo verso l’unico orizzonte possibile, quello dell’esperienza straordinaria di conoscenza e di autocoscienza.
Dopo sette giorni ricevo l’agognata telefonata di Fabrizio con la quale mi annunciava il completamento della sua meditazione controcorrente nella quale, mentre percorreva i boschi, si arrampicava sui pendii, guadava i torrenti, si era autoescluso dal mondo esterno con il quale ha evitato qualsiasi contatto: niente telefonate e soprattutto niente blog, selfie, post etc. solo un contatto “di servizio” la sera per dire “Tutto bene”. Nient’altro. Niente racconti o descrizioni autocelebrative. Niente di tutto questo. Un vero e proprio cammino in silenzio, una rasoiata alla civiltà dei social.
Il Toce presso Verbania (ph. Mauro Carlesso)
Con grandi aspettative da parte mia ci siamo dati appuntamento per parlare della sua esperienza in montagna, sull’amata cima del Monte Morissolo dove Fabrizio mi ha raccontato, con la consueta ammirevole pacatezza alcuni momenti della sua prova nonché qualche dato tecnico che dirò più avanti. Quelle mie aspettative, quel giorno sopra la montagna e sotto il sole finalmente estivo, sono andate parzialmente deluse. In fondo non c’era niente di male aspettarsi un resoconto di un cammino avventuroso, sui guai incontrati e superati, sugli ostacoli affrontati, sulle modalità di approvigionamento dei viveri, sugli incontri con animali selvatici etc. etc. Invece niente di tutto questo. O poco di tutto questo. Molto invece, e qui invece la mia aspettativa non è andata delusa, Fabrizio mi ha raccontato dell’emozione, dello scopo del viaggio e del risultato raggiunto.
Quel cammino “speciale” Fabrizio lo desiderava fortemente per dare corpo ad un progetto in serbo da tempo. Attuare quell’impresa aveva lo scopo preciso di approfondire con sé stesso quello che lui chiama “il vero senso della montagna”. Insomma una full-immersion in quella montagna che secondo la sua visione è severa ma ammaliante, una montagna che chiede rispetto e grande umiltà nel percorrerla, nel salirla e nell’attraversarla.
Nel camminare in completa solitudine Fabrizio, sulla paciosa cima del Morissolo, mi ha ribadito quanto fosse forte e simbiotico il connubio tra la concentrazione sull’ambiente, bucolico ma anche ostile che lo circondava ed il suo vibrante stato d’animo. Mi ha anche raccontato che, giunto alla sorgente del Toce, tra le lande rocciose del Griespass, forse non aveva trovato le sue origini, o meglio non del tutto. Per trovare bisogna saper cercare e forse, quel “viaggio” a ritroso non era ancora quello ultimativo che forse, e questo Fabrizio l’ha metabolizzato, non ci sarà mai.
Ma nell’intento del camminatore non poteva mancare uno scopo nobile come quello “di rendere partecipi tutti gli appassionati del grande valore che la montagna possiede. Un valore che deve essere scoperto ed apprezzato per ciò che rappresenta ora senza la contaminazione della valorizzazione turistica di massa”.
Insomma il messaggio che Fabrizio ci vuole consegnare è quello di frequentare questi luoghi il più possibile in modalità solitaria e con lo spirito pionieristico che le montagne richiedono senza forzature, convinto che non serva andare a cercare la bellezza in paradisi esotici o su montagne “addomesticate” ma che si possa trarre beneficio fisico e spirituale apprezzando e vivendo in maniera semplice questa spettacolare area del territorio piemontese.
Modalità che da questi luoghi del Piemonte si può esportare in tutt’Italia ed in tutto il Pianeta. Purché lo spirito della ricerca, del piacere della scoperta, del desiderio di ritrovarsi sia condotto sempre in purezza, quella senza contaminazioni, oggi così tanto di moda.
Il ghiacciaio del Gries (ph. F. Ravezzani)
IL VIAGGIO.
Fabrizio Ravezzani nativo dell’Ossola, ha portato a termine una traversata di grande impegno risalendo il corso del fiume Toce dalla foce nei pressi di Mergozzo in provincia di Verbania fino alla sua sorgente al Passo del Gries a quasi 2.500 metri di altezza in Alta val Formazza, la punta del Piemonte che si incunea nella Svizzera vallesana. Il cammino si è sviluppato lungo le montagne della sponda est del fiume, quasi sempre su sentiero, attraversando tutta l’area wilderness della Valgrande e le Valli Vigezzo, Isorno, Agarina, Antigorio e Formazza.
La traversata deve essere considerata di tutto rispetto avendo percorso a piedi ed in solitaria circa 130 km. e ben 12.000 mt. di dislivello complessivo (dei quali oltre 7.000 attivi) in soli 6 giorni e dormendo lungo il percorso.
Fabrizio nel corso di questa impresa ha dovuto affrontare diverse difficoltà causate dal maltempo che nei primi giorni dell’ostico attraversamento della Valgrande lo ha accompagnato. Ma, come detto, ha dovuto anche ovviare ad ostacoli inattesi quali la chiusura dei bivacchi e punti di appoggio causa Covid-19 che lo hanno costretto ad allungare alcune tappe di parecchie ore di cammino rendendo l'intera traversata molto più faticosa rispetto alla normale pianificazione.
Qui di seguito le tappe della traversata:
Tappa 1 Mergozzo–Cicogna
Tappa 2 Cicogna–Malesco
Tappa 3 Malesco–Arvogno
Tappa 4 Arvogno–Alpe lago Matogno
Tappa 5 Alpe lago Matogno–Salecchio
Tappa 6 Salecchio–Passo Gries
Ho esordito con “Ricordo che era…” ed ecco che quel ricordo ha trovato ora il giusto tempo ed il giusto spazio per essere condiviso, come dice Fabrizio, con le anime sensibili che avvertono il vigore e la contemporanea fragilità della Natura che ci circonda, nella quale siamo immersi e dalla quale, nonostante le aggressioni che siamo capaci di infiggerle, dipendiamo. Da sempre e per sempre.
Il camminatore Fabrizio Ravezzani (autoscatto)