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CULTURA | 07 agosto 2024, 12:30

Nel Parco Nazionale Gran Paradiso le piante stanno occupando le aree lasciate libere dai ghiaccia

Lo studio di Ente Parco e Università di Torino rivela impatti e conseguenze del riscaldamento globale sugli ecosistemi di alta quota

ph. Parco Nazionale Gran Paradiso

ph. Parco Nazionale Gran Paradiso

Il Parco Nazionale del Gran Paradiso, uno dei gioielli dell'ecosistema alpino italiano, sta vivendo trasformazioni drammatiche a causa dei cambiamenti climatici. Una recente ricerca, condotta in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino e pubblicata sul Botanical Journal of the Linnean Society, ha messo in luce l’impatto significativo e accelerato del riscaldamento globale sugli ecosistemi alpini.

Lo studio ha esaminato due cronosequenze proglaciali in valle di Cogne e in valle di Rhêmes, aree lasciate libere dai ghiacciai in periodi differenti, che spaziano dai 5 ai 165 anni dalla deglacializzazione. I ricercatori hanno riesaminato le aree di studio permanenti a cinque anni dai primi rilievi per osservare i cambiamenti a breve termine nella vegetazione e confrontare le attuali traiettorie con quelle previste dai modelli.

I risultati sono sorprendenti: la colonizzazione vegetale delle aree liberate dai ghiacciai sta avvenendo a una velocità molto superiore alle aspettative. La ricchezza di specie e la copertura vegetale sono aumentate rispettivamente fino a 21 e 45 volte più velocemente di quanto previsto dai modelli previsionali. Questo incremento accelera non solo la diversità vegetale ma anche il ritmo con cui le piante stanno conquistando gli spazi precedentemente occupati dai ghiacciai.

Le implicazioni per la conservazione sono profonde. Le comunità vegetali proglaciali rappresentano una fase critica nel processo di colonizzazione degli spazi liberati dai ghiacciai, contribuendo alla stabilizzazione del suolo e prevenendo l'erosione. Una colonizzazione rapida può aiutare a ridurre i rischi di colate detritiche e alluvioni, come quella recentemente verificatasi in valle di Cogne. Tuttavia, la presenza di specie più competitive provenienti da altitudini inferiori potrebbe minacciare le specie alpine native, alterando la biodiversità e la stabilità ecologica degli ecosistemi di alta quota.

Andrea Mainetti, botanico del Parco, e Michele Lonati, professore dell’Università di Torino, commentano: “Questo studio evidenzia quanto sia urgente affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico, soprattutto in aree sensibili come il Parco Nazionale Gran Paradiso. I risultati ottenuti non solo migliorano la nostra comprensione delle dinamiche ecologiche in risposta al riscaldamento globale, ma sottolineano anche l'importanza di un monitoraggio continuo e di lungo termine per guidare le strategie di conservazione in un’area così rilevante.”

Il monitoraggio continuerà nei prossimi anni per approfondire le conseguenze a lungo termine di questi rapidi cambiamenti e fornire dati scientifici cruciali per la gestione e la conservazione di questo prezioso angolo di natura alpina.

pi/elca-fonte PNGP

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