Il ghiacciaio restituisce alla terra le orme del suo passato come ombre fugaci che ci riportano il respiro della vita. Queste insolite creature trascinate dai ghiacciai verso i fondovalle, tanto da farle apparire improvvisamente, come dal nulla, nascoste dalle fronde di un albero o, più appariscenti, come monumenti naturali solitari emergenti in una radura.
Il compianto alpinista e scrittore Valsusino Gian Carlo Grassi, pioniere dell’arrampicata su ghiaccio in Italia, che morì a soli 44 anni, ancora nel pieno della sua attività alpinistica, il primo aprile 1991 dopo aver salito la cascata di ghiaccio “Torre di Luna” sul Monte Bove, nei Monti Sibillini, per il distacco di una cornice di neve, fu il primo scopritore dei massi erratici dell’anfiteatro morenico della Valle di Susa.
Gian Carlo Grassi li amava così definire: “I massi erratici sono più che mai dei beni da tutelare perché oggi il masso conserva la sua antica fisionomia mentre il contesto adiacente muta rapidamente, sì da originare una sensazione di smarrimento quando ritorniamo nella zona dopo una prolungata assenza e li troviamo distrutti. Se i valori ambientali in certe regioni si sbriciolano e vengono spazzati via, l’individuo non deve restare nella sua indifferenza, magari pensando che tutto questo succede perché manca la sensibilizzazione verso un minimo di cultura naturalistica che potrebbe permettere senza grandi sforzi la conservazione di questi monumenti naturali evitando un giorno di essere obbligati a dire: esistevano un tempo i massi erratici».
La 'carta di identià' della Pera Majana
In un contesto più ampio in Avigliana (per quanto concerne dove io vivo), in Piemonte in genere e in altri territori Valdostani e ormai un po’ in quasi tutte le regioni italiane, a volte velato da un silenzio conservativo, si studia come conservare e far conoscere questi bizzarri fenomeni naturali. Oggi per insegnare a mia moglie i rudimenti dell’arrampicata su roccia, torno con lei sul Masso Grande di Villarbasse o “Pera Majana” sulla quale più volte ho arrampicato con mio figlio, come cura e dimostrazione che il Parkinson, riportando alla memoria gli stimoli dell’azione che per me è la montagna, per tanti altri è lo sport che praticavano, la malattia sembra scomparire durante l’attività motoria quasi del tutto.
Per dare un tocco di originalità a questo inusuale itinerario mi sono rivolto a un motore di ricerca insolito e cioè “Il Geocaching”, che è un termine derivato dal greco antico, cioè un tipo di caccia al tesoro, che ha iniziato a diffondersi all'inizio degli Anni 2000, in cui i partecipanti, detti "Geocacher", usano un ricevitore GPS per nascondere o trovare dei contenitori di differenti tipi e dimensioni.
La cima con gli ancoraggi per l'ascensione
Ebbene da loro viene quest’originale descrizione che riporto fedelmente: “I Massi Erratici di Pera Majana sono arrivati fino a qui per opera di un immenso ghiacciaio lungo 90 km, ampio 5 o 6 Km, che occupava tutta la valle di Susa. La pressione del fiume di ghiaccio contro le pareti laterali della valle, staccò questi macigni che dopo esser caduti sulla superficie del ghiacciaio, viaggiarono nella valle glaciale come un pacco su di un nastro trasportatore. Diversi chilometri più a valle vennero quindi depositati per effetto della fusione della massa glaciale durante le sue fasi di ritiro. I due massi sono facilmente visibili dalla strada provinciale grazie alle loro dimensioni: il maggiore ha un volume di circa 1800 metri cubi con altezza variabile tra 5 e 6 metri, una lunghezza di 25 metri e una larghezza di 13 metri; il più piccolo misura invece 300 metri cubi ed ha un'altezza di 3 metri. Dal punto di vista geologico i massi sono “serpentiniti”, si tratta cioè di rocce metamorfiche originate da fenomeni di metamorfosi intensiva, subìti da rocce magmatiche ultrabasiche (povere cioè di acido silicico), che sono stati causati da alte pressioni ed elevate temperature”.