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Aosta Capitale | 28 febbraio 2022, 10:20

NOI, PREDE

Block Notes è una rubrica settimanale promossa dall’associazione Comunque Valdostani con l’obiettivo di avvicinare i Cittadini al Palazzo e aprire il Palazzo ai Cittadini. L’Associazione Comunque Valdostani ringrazia il Sindaco di Aosta, Gianni Nuti, che con entusiasmo ha aderito alla proposta

NOI, PREDE

Credevamo di essere i principali predatori della Terra, e invece siamo prede.

Gli scienziati evoluzionisti, oltre a smantellare tante idee dell’homo sapiens che servivano a illuderci della nostra centralità rispetto all’universo, hanno trovato prove evidenti di come la maggior parte delle nostre capacità di adattamento all’ambiente le abbiamo sviluppate in difesa. Siamo dunque assai vulnerabili nonostante abbiamo colonizzato il mondo, sfruttato le sue risorse senza remore e causato l’estinzione di circa il 35% delle specie viventi in pochi secoli: ogni anno, dalle 11.000 alle 58.000 unità.

Stiamo per uscire, complessivamente bene, da una minaccia biochimica che ha cambiato le abitudini di oltre sette miliardi di esseri umani senza rappresentare mai una minaccia per la specie, ma ci siamo dimenticati di noi stessi e delle nostre perversioni, del nostro sottile, persistente desiderio di Apocalisse: dobbiamo sempre alimentare qualcosa da temere, da cui fuggire.

E così ci accorgiamo che la guerra è possibile e il suo avvicinarsi segue dinamiche già viste: un dittatore dallo strapotere consolidato, dopo ventitré anni marcati da crescite vertiginose del prodotto interno lordo – fino almeno al 2014 – un ristagno dell’economia e un poderoso incremento dell’egocentrismo più accecante, capisce che o trova un nemico esterno o il declino è alle porte.

E si gioca il tutto per tutto.

Il focolaio nasce sempre tra Oriente e Occidente, dove il continente conserva il suo cuore pulsante, fatto di liminarità, di incertezze e ricchezze da finis terrae… I pretesti per appiccare il fuoco? Sempre una ragione localistica di poco conto, come un mozzicone di sigaretta.

E noi, di fronte a questo, non abbiamo la forza di mutarci in cacciatori, ma in difensori della nostra umanità, certo che sì.

Perciò siamo scesi in piazza: non con l’illusione di cambiare le sorti della Storia, ma per trovarci e dirci che ci siamo l’uno per l’altro e parliamo, consapevoli che solo la parola è capace di umanizzarci, d’impedirci di scarnificarci a vicenda a morsi, di tenerci uniti nel nome di un simbolo, di un sistema di credenze, di un mondo immaginario in cui ci sentiamo bene, in cui vorremmo che il tempo non scorresse mai più e tutto il genere umano ne beneficiasse.

E mercoledì digiunerò.

Non solo perché aderisco all’invito di un uomo che incarna, appunto, un sistema di credenze nel quale mi ritrovo, ma perché il digiuno è un non-gesto che ha una storia e un senso profondi.

Digiuno perché interrompo così il mio scambio più viscerale e passionale con la terra, dicendole in questo modo: non ti riconosco.

Digiuno perché resta l’atto più pacifico e potente ch’esista: arresta i movimenti, esaurisce le forze, ferma le economie, scardina i rapporti causa-effetto rendendo tutti non ricattabili.

Digiuno perché è un atto ecologico: lascia respiro alla natura generosa e abusata.

Digiuno perché è un gesto di auto-costrizione liberatorio: permette di corroborare la mente più delle viscere, alimentando ingegno.

Digiuno perché lo hanno fatto nell’Irlanda pre-cristiana e in quella contemporanea, le suffragette nel primi del Novecento come il Mahatma Gandhi nei trent’anni successivi e ancora oggi i coraggiosi lottatori contro le ingiustizie.

Digiuno perché dichiaro implicitamente la mia pochezza, la mia debole condizione di preda: unica forza possibile.

Manifesto e digiuno, nonostante siano in molti a chiedersi “a cosa servirà mai”, perché devo anzitutto combattere contro me stesso e la tentazione di assuefarmi alla tragedia, per difendermi dalle tempeste comunicative che anestetizzano, invece di mobilitare le coscienze e tenerle vigili; e poi perché l’Universo è mosso da energie polarizzate, e i pensieri benevoli più intensi e corali possono spostare l’asse dei destini incrociati e diradare i fumi acri delle distruzioni e delle morti.

Infine, tutti insieme dobbiamo agire, soprattutto per accogliere degnamente il fiume di profughi che stanno valicando i confini, dimostrando loro che l’Europa è la loro casa.

 

 

 

Meditazione e

cammino

di preda e

predatore

 

 

Gianni Nuti

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