Premessa: Accetto di buon grado l'invito rivoltomi dall'Associazione Comunque Valdostani ad una collaborazione centrata sulle tematiche della Autonomia Valdostana ridotta ormai ad un rimasuglio di parole promettenti, ma svuotate dai mancati adempimenti dei vari Governi succedutisi dalla Liberazione ad oggi. E’ vero, abbiamo avuto amministratori capaci come Oreste Marcoz, Vittorino Bondaz (ambedue compagni di scuola di Emile Chanoux), Dino Vierin e Sergio Ramera lungimirante Assessore alle Finanze e padre del nuovo Ordinamento finanziario della Vallée, ma l’autonomia ha bisogno di ben altro per decollare verso una visione federalista ancorata alla Costituzione della Repubblica. Il principale testimone dell’Autonomia negata alla Valle d’Aosta è stato Emile Chanoux: molto importante il concetto di patria espresso da Chanoux, a soli 17 anni, sulle colonne del “L’ écho de la Vallée d’Aoste” fondato dall’Abbé Auguste Petitgat nel 1913: “Non, la patrie n’est pas dans le sol, n’est pas dans la langue, n’est pas dans la race….. la patrie c’est le peuple… Où est donc la patrie? Elle est dans l’âme du peuple….”.
L’AUTONOMIA VALDOSTANA E’ UN DIRITTO O UNA CONCESSIONE AI SUDDITI “INTRA MONTES ?”
Se vogliamo davvero conoscere le “sources” dell’autonomia, bisogna approfondire il concetto che contrappose il clero savoiardo alle pretese della commissione cardinalizia e della curia pontificia di Papa Alessandro VII° di una tassa per la guerra di Candia contro i Turchi (1645-1669). Il vescovo savoiardo Philibert Albert Bailly (1605- 1691) confidente di Madame Royale Christine de France, reggente del ducato, scrisse un memoriale di 11 punti precisando: “Ad probationem dicitur Ducatum istum non esse citra neque ultra montes, sed intra montes , et hoc manifeste loci natura suadet et convincit” ed ancora… “Augusta est provincia non ultra nec citra, sed intra Alpium montes collocata”. Solo l’intervento di Madame Royale presso il nunzio papale a Torino fece passare l’idea che un Princeps possa escludere tra i suoi sudditi quelli che vivono “tra i monti”.
Il Ducato di Savoia, con capitale a Chambery – e poi a Torino - ha segnato per oltre 8 secoli le sorti civili, militari e politiche della Vallée fino alla nascita della Repubblica. Per una ricognizione sulle fonti storiche più recenti e sulle rivendicazioni autonomistiche del ‘900 che videro protagonista Emile Chanoux, possiamo iniziare dalle elezioni politiche anticipate del 1900, indette dal Regno d’Italia, alle quali partecipò solo il 58,3% degli aventi diritto e, fra di essi, molti cattolici, malgrado il “non expedit” del Vaticano. Chez-nous, vincono Alphonse Farinet nel collegio di Aosta e François Farinet nel collegio di Verres; all’epoca, Chanoux Justin Ours Emile figlio di Pierre e di Marie-Elisabeth aveva sei anni.
Il potere di Casa Savoia, che con Tommaso I° conte di Moriana, protetto di Enrico VI°, aveva concesso nel 1191 la Charte des franchises alla città di Aosta, si è vieppiù rafforzato nell’ottica del vassallaggio dell’imperatore tedesco e non a caso Amedeo VII°, vicario imperiale di Arles, può firmare nel 1388 con Nizza un trattato de dédition alla Savoia, confermato poi da Bonne de Bourbon tutrice di Amedeo VIII° con un atto firmato a Chambery ed ancora nel 1435 dallo stesso Amedeo VIII° che nel 1439 diverrà Papa Felice V° fino all’abdicazione nel 1449.
Il legame fortissimo fra Nizza ed il suo contado, molto ambìto dalla Provenza sempre in agguato, ed il Ducato di Savoia durerà fino al 1796 quando il 15 maggio Vittorio Amedeo III° è costretto a cedere la Contea di Nizza alla Francia rivoluzionaria. Il 24 marzo 1860 viene pubblicato il Trattato di Torino firmato da Napoleone III° e da Vittorio Emanuele II°: la Francia acconsente che l’unità d’Italia si faccia con il Regno di Sardegna ed è compensata dalla cessione di Nizza e della Savoia.
Il ducato Savoiardo finisce con il confine naturale delle Alpi, così come aveva sempre voluto Luigi XIV°, le roi Soleil. Del resto, era stato Emanuele Filiberto, terzo figlio di Carlo II° e Beatrice di Portogallo, Duca di Savoia, principe di Piemonte, conte di Aosta, Moriana e Nizza, vincitore di San Quintino nella Picardia per conto di Filippo II° di Spagna contro le truppe francesi guidate da Gaspard de Coligny a voler trasferire il 7 febbraio del 1563 la capitale da Chambery a Torino.
Lo stesso principe nel 1561 ordinò che tutti gli atti ufficiali fossero redatti in lingua francese: la lingua francese, quindi, intesa come “langue maternelle” e come presidio certo di una minoranza linguistica calpestata durante gli eccessi del fascismo. Infine, il Trattato di Parigi del 1947 firmato il 10 febbraio tra i Paesi belligeranti e l’Italia, imponeva all’articolo 44 la registrazione entro sei mesi dei Trattati precedenti: questa diposizione, categorica per la Francia, non è stata rispettata; quindi, il Trattato di Torino del marzo 1840 è di fatto abrogato e la Valle d’Aosta poteva “teoricamente” avanzare rivendicazioni annessioniste, cosa che fece con insistenza, reclamando un plebiscito popolare.
Così, con le metamorfosi tipiche dei rivolgimenti storici, la Vallée è passata da “culla – berceau” di Casa Savoia alla definizione del primo ministro Vittorio Emanuele Orlando (1860-1952) come “le cul du sac de l’Italié”. In questo contesto storico, vanno collocati la nascita della Jeune Vallée d’Aoste nel 1925 ed il sacrificio di Emile Chanoux massacrato fino alla morte il 18 maggio del 1944: un anno prima, il 10 giugno 1924, veniva assassinato Giacomo Matteotti ed iniziava il consolidamento del regime fascista.